misabellC Tour (^.^=)

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martedì 30 novembre 2010

Nek



Nek nasce a Sassuolo il 6 gennaio 1972. Il suo vero nome è Filippo Neviani ed è il secondo di due figli. Già all’età di nove anni ha i primi approcci con la chitarra dimostrando di avere una straordinaria sensibilità musicale.

1986
Forma i Winchester un duo di musica country.

1989
Diventa cantante e bassista di una rock band chiamata White Lady e scrive le prime canzoni.

1991
Si separa dal gruppo per iniziare l’avventura musicale da solista. Partecipa al Festival di Castrocaro, con un suo pezzo dal titolo Io Ti Vorrei, aggiudicandosi la finale. Nello stesso anno, con la Fonit Cetra, firma il suo primo contratto discografico per tre album.

1992
Debutta ufficialmente con l’album intitolato come il suo nome d’arte: Nek.

1993
Scrive Figli Di Chi, partecipa nelle nuove proposte del 43° Festival di San Remo classificandosi al 3° posto con il pezzo In Te che diventa il titolo del suo secondo disco.

1994
Riceve a Roma, in Campidoglio, il premio come Miglior Cantante Giovane Italiano.
Pubblica il terzo album Calore Umano.
Al Festival Italiano si classifica al 2° posto con il brano Angeli Nel Ghetto.

1995
Firma il suo secondo contratto discografico con Warner Music.

1996
Pubblica il quarto lp intitolato Lei, Gli Amici E Tutto Il Resto.
Parte il suo primo tour teatrale.

1997
È in gara fra i big al 47° Festival di Sanremo con la canzone Laura Non C’è
Viene ristampato il cd Lei, Gli Amici E Tutto Il Resto con l’inserimento della stessa Laura Non C’è più un secondo inedito dal titolo Sei Grande. Il disco conquista sei dischi di platino superando le 600.000 copie vendute in Italia.
Partecipa al Festivalbar e debutta nel mercato europeo raccogliendo critiche lusinghiere in Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Svizzera, Austria, Svezia, Belgio e Finlandia. Lei, Gli Amici E Tutto Il Resto vende 2 milioni e cinquecentomila copie in tutto il mondo.
Partenza della tournè 'Lei, Gli Amici E Tutto - Il Tour' che in una seconda parte toccherà il Sud America in concomitanza con la pubblicazione del disco Nek (versione spagnola di Lei, Gli Amici E Tutto Il Resto) in Perù, Brasile, Argentina, Colombia, Cile e Messico dove in pochi mesi sarà disco d'oro. Tutti i futuri album saranno cantati in lingua spagnola.
Scrive la colonna sonora del film Laura Non C’è. La pellicola, ispirata alla celebre canzone, viene girata a Roma e ha come attori anche diversi personaggi televisivi e un futuro grande talento del cinema italiano: Laura Chiatti. Nek compare gli ultimi cinque minuti nel ruolo di fumettista.

1998
Pubblica contemporaneamente in Europa, America Latina e Giappone il quinto album In Due (versione spagnola Entre Tu Y Yo). Triplo disco di platino in Italia. Disco di platino in Spagna, disco d’oro in Austria, Svizzera e Argentina. In Germania, Austria e Svizzera Nek è nelle prime venti posizioni della classifica con due dischi: Lei, Gli Amici…. e In Due.
Il 9 luglio riceve il premio I.F.P.I. Platinum Europe Award a Bruxelles.
Parte il suo primo tour mondiale Nek Around The World. 120 concerti nelle grandi arene e nei palasport in Europa, in Canada, in Sud America e negli Stati Uniti.
Pubblica Nek Live in Milano primo home video del concerto tenuto al teatro Smeraldo l’8 maggio 1997.
E’ Guest Presenter agli MTV Europe Music Awards.
Partecipa alla 6° edizione del Concerto di Natale in Vaticano.

2000
Pubblica in tutto il mondo il sesto album La Vita È / La Vida Es.
Parte la tournè 'La vita È Live in Tour' che si concluderà a Mosca al Cremlino. Proprio in Russia La Vita È viene premiata come Miglior Brano Straniero.
Si esibisce all’8° edizione del Concerto di Natale in Vaticano con la canzone Con La Terra Sotto Di Me.

2002
Pubblica l’album Le Cose Da Difendere / Las Cosas Que Defenderè.

2003
Pubblica la sua prima raccolta di successi 'The Best of Nek – L’Anno Zero' realizzato anche in versione spagnola 'Lo Mejor De Nek – El Año Cero' con 2 inediti: Almeno Stavolta / Almenos Ahora e L’Anno Zero / El Año Cero e 3 versioni di brani ri-arrangiati come In Te / En Ti, Cuori In Tempesta / Corazones En Tempestades, Angeli Nel Ghetto / Angeles Del Ghetto. La raccolta vende 250 mila copie in Italia entrando subito al vertice della classifica, dove rimane per 27 settimane (le prime 13 settimane nella top ten).

2004
Parte 'L’Anno Zero Tour 2004'.
È tra gli ospiti della 2° edizione di O’scià serata musicale ideata da Claudio Baglioni.

2005
Pubblica l’album Una Parte Di Me / Una Parte De Mi.
Partecipa a Roma al Live 8 dove esegue Almeno Stavolta, Se Io Non Avessi Te e Lascia Che Io Sia.
Vince il Festivalbar (42° edizione) con la canzone Lascia Che Io Sia che rimane per 20 settimane nella top ten dei brani più trasmessi dalle radio e per 1 anno è fra i primi dieci singoli più venduti. L’album rimane nella classifica di vendite per 50 settimane.
Para Ti Seria diventa un pezzo di enorme successo in Spagna.
Parte nei palasport il tour 'Una Parte Di Me' ispirato appunto al nuovo disco. Debutta con uno spettacolare concerto tutto esaurito al Forum di Milano e prosegue con sold out in ogni città.
Sostiene il telefono azzurro diventandone testimonial.
Pubblica un Best of intitolato 'Esencial' dedicato solo ed esclusivamente al mercato Sud Americano.

2006
Pubblica il decimo album (il nono di inediti) intitolato Nella Stanza 26 / En El Quarto 26.
Partecipa, insieme a Ligabue, Bersani, Giorgia, Pezzali, al disco di cover-tributo dedicato a Battisti 'Innocenti Evasioni 2006' con il pezzo 'Si Viaggiare' completamente ri-arrangiato.
Vince il Premio Lunezia – Poesia Del Rock per il talento di raccontare con il rock nel brano 'Nella Stanza 26'.

2007
Si esibisce ai Wind Music Awards e viene premiato, assieme ad altri artisti italiani come Claudio Baglioni, Venditti, Ligabue, Ferro, Zucchero, Elisa, per le vendite dell’album Nella Stanza 26.
È in nomination per i Telegatti nella sezione Tournè.
Riceve da MTV il premio speciale alla carriera TRL History Award.
Pubblica nuovamente e per la Spagna l’album 'En El Cuarto 26' con l’inserimento di 2 canzoni presenti nel disco Una Parte De Mi: A Contramano e Para Ti Seria quest’ultima cantata con Raquel Del Rosario cantante del gruppo spagnolo El Sueño De Morfeo. Con 200.000 downloads è il pezzo più scaricato del 2007.
Duetta ancora nel disco dei 'El Sueño De Morfeo' intitolato 'Nos Vemos En El Camino' nella canzone Chocar.

2008
Partecipa al Valladolid Latino 2008, uno degli eventi musicali, dopo Rock In Rio, più importanti in Spagna. Nello stesso anno duetta con l'artista inglese Craig David nel brano "Walking Away" curando personalmente l'adattamento italiano del testo.

2009
Il giorno 30 gennaio esce in Europa e in America Latina il decimo album di inediti intitolato "Un'Altra Direzione" e subito cattura l'interesse del pubblico sia per la varietà sonora e stilistica che per la disponibilità di una versione ridotta a prezzo speciale contenente sei canzoni tra le più rappresentative per contrastare il fenomeno della pirateria musicale. Il 24 marzo parte "Un'Altra Direzione - Tour" prima in Italia e poi in Spagna che vede l'Artista impegnato per diversi mesi.Nell'aprile dello stesso anno Nek viene coinvolto insieme ai più importanti artisti italiani
nel progetto discografico "Domani 21/04.09" il cui ricavato verrà devoluto a favore dei terremotati dell'Abruzzo.
Piccola curiosità: durante la registrazione del brano era presente in studio anche lo scrittore Paolo Giordano ("La solitudine dei numeri primi") impegnato ad annotare meticolosamente impressioni, emozioni e stati d'animo dei cantanti coinvolti.Il 27 novembre esce l'album di Claudio Baglioni "Q.P.G.A." (Questo piccolo grande amore) al quale Nek partecipa come cantante e chitarrista nel brano "Cosa non si fa".

2010Scrive la prefazione del libro dal titolo "Quello che gli occhi non vedono" di Irene Cianbezi che raccoglie la testimonianza di una ragazza uscita dal terribile giro della prostituzione. Il ricavato della vendita del volume andrà in beneficienza all'Associazione Onlus "Papa Giovanni XXIII" del compianto don Oreste Benzi."The Quartet Experience" è il concept del nuovo Summer Tour di Nek che si esprime attraverso set-up essenziale e diretto che vede Filippo impegnato al basso, all'armonica, e alla voce accompagnato da due chitarristi (Emiliano Fantuzzi e Chicco Gussoni), e un batterista (Luciano Galloni). Nuovi arrangiamenti e un suono dichiaratamente più rock vestono le sue canzoni più popolari regalando anche grande pathos che prende vita grazie ad un raffinato momento acustico.

Viene pubblicato in Italia, in EUropa e in Sud America “E DA QUI - Greatest Hits 1992 – 2010” che è la più esauriente e completa collezione di singoli della popstar di Sassuolo. Un doppio album con 37 canzoni (fra cui 3 brani in versione originale e live), nel quale Nek prende slancio dal passato per proiettarsi nel futuro con 3 canzoni inedite: il primo singolo “E da qui” (in radio dal 15 ottobre), “È con te” (dedicata alla figlia Beatrice Maria) e “Vulnerabile”.


Cantante, compositore e musicista in continua evoluzione con oltre 8.000.000 di dischi venduti. Un percorso artistico sempre al centro del mirino dei fan e della critica di tutto il mondo, perché Nek ha conquistato rapidamente lo status di popstar internazionale.

http://nekweb.com/biografia



PREMIO ANDREA PARODI

PREMIO ANDREA PARODI
3a edizione 2010
World Music in SARDEGNA

CAGLIARI, FIERA CAMPIONARIA, Sala D.Zedda
3-4 Dicembre 2010

Il 3 e il 4 Dicembre è in programma nella “sala Dino Zedda” della Fiera Internazionale della Sardegna a Cagliari la terza edizione del Premio Andrea Parodi “World Music in Sardegna”, dedicato alla memoria del grande artista scomparso e che vedrà la partecipazione di giovani artisti della World Music del panorama internazionale.

La manifestazione andrà in diretta televisiva su VIDEOLINA e RADIOLINA ed i relativi portali web il WEB
Presenterà le serate: RED RONNIE.

Una giuria composta da artisti, esperti del settore e giornalisti specializzati ha selezionato 8 concorrenti tra tutti quelli che hanno risposto al bando. Questi si esibiranno nel corso della prima delle due serate alla Fiera (il Venerdì 3 Dicembre) e 4 di loro parteciperanno alla serata finale di Sabato 4 che proclamerà il vincitore dell’edizione 2010.

Oltre al vincitore (che vincerà un premio di 2.500 euro a copertura di tutti i costi della sua crescita musicale) ci sarà anche un secondo premio. Il concorrente vincitore di questo premio si aggiudicherà la produzione di un videoclip professionale.

Come nelle precedenti due edizioni, peraltro, sarà consegnato anche il Premio Albo d’Oro ad una personalità di spicco del mondo della cultura che ha avuto un ruolo importante per la Sardegna; quest’anno il premio è andato a Mauro Pagani, padre della World Musica italiana ma anche collaboratore e grande estimatore di Andrea Parodi. A lui andrà una pietra sonante dello scultore Pinuccio Sciola. Nelle precedenti edizioni il premio era stato assegnato a don Giovanni Dore e Bernard Lortat Jacob.

Il concorso musicale sarà integrato con il Festival della World Music. Nel corso delle due serate oltre ai concorrenti si esibiranno ospiti prestigiosi come i Fratelli Mancuso (Sicilia) e i Marlevar con Luisa Cottifogli (Provenza Italiana) e il vincitore dell’edizione 2009 Francesco Sossio (Puglia)

Inviti gratuiti presso BOX OFFICE SARDEGNA, tel. 070-657428
sito web: www.boxofficesardegna.it

3 Dicembre 2010
· Esibizione 8 concorrenti
· Ospiti: Francesco Sossio (Puglia), vincitore Premio Andrea Parodi 2009
· Ospiti: Fratelli Mancuso (Sicilia)

4 Dicembre 2010
· Esibizione 4 concorrenti finalisti e proclamazione vincitori
· Ospiti: MARLEVAR (Provenza italiana), sestetto provenzale che si esibirà con Luisa Cottifogli ed un quartetto d’archi di Cagliari
· Ospite: Pinuccio Sciola (Sardegna)
· Consegna Premio ed esibizione di MAURO PAGANI


CONCORRENTI SELEZIONATI ALLA PARTECIPAZIONE (8)
CONCORRENTE / TITOLO BRANO
1) Zudema' / "Scidadi a lenu"
2) Triace / "Pinguli Pinguli Giovacchittu"
3) Compagnia Triskele / "Fimmini"
4) Yasmin Bradi / "La Neu"
5) Lame a foglia d'oltremare / "Bent'e soi"
6) Dagnino & friends / "Anò Inderè"
7) Farfuglia / "Antruxiu nieddu"
8) Duo Solinas-Zingone / "La tua veu"



web site: www.fondazioneandreaparodi.it
email: fondazione.andreaparodi@gmail.com

lunedì 29 novembre 2010

Max Pezzali




Massimo Pezzali nasce a Pavia il 14 novembre 1967. Tra le aule e i corridoi del liceo scientifico, Max insieme all'amico Mauro Repetto dà vita al progetto "883". La musica è la grande passione di entrambe. E' in questo periodo che cominciano a comporre le prime canzoni.

Dopo aver inviato alcuni provini a Radio Deejay, nel 1991 registrano una demo contenente il brano "Non me la menare"; il nastro viene lasciato nella portineria del noto talent-scout Claudio Cecchetto che, dopo aver ascoltato il pezzo, non tarda a contattare i due ragazzi. Non passa molto tempo e gli 883 esordiscono al Festival di Castrocaro con la canzone di quel nastro.

Nel 1992 vede la luce "Hanno ucciso l'uomo ragno", il loro primo album. Il successo è incredibile quanto inaspettato: il disco raggiunge in breve 600.000 copie e il primo posto nelle classifiche. La musica è allegra e orecchiabile, i testi sono schietti e sinceri nella loro semplicità. La title-track colpisce nel segno e trascina: il mito dell'Uomo ragno è amatissimo dai giovani e l'originalità degli 883 è quanto più necessario servisse a rinfrescare il panorama della musica pop italiana del momento.

Il linguaggio e le tematiche sono quelle degli adolescenti: la discoteca, la ragazza snob che non ti caga, il motorino, lo sfigato di turno, gli amori scombinati, il bar. Sempre tenendo alti i valori che più contano per i ragazzi: l'amicizia su tutti.
Il tono è diretto, confidenziale, da cantastorie di provincia sincero e genuino: Max strizza l'occhiolino ai giovani mescolandosi tra loro, vestendo ora i panni dell'amico più grande, ora quelli del compagno ripetente che ti porta la sua esperienza. Anche a una certa età il cantautore pavese sa benissimo come muoversi tra il popolo dei teenager.

Come accade spesso alle novità musicali, gli 883 - a detta di alcuni - rischiano di essere un fenomeno passeggero, ma Max Pezzali avrà modo di smentire queste voci con la costanza dei numeri e della qualità del suo lavoro.

Dopo aver vinto il concorso "Vota la voce" (referendum popolare di "Sorrisi e Canzoni") come gruppo rivelazione dell'anno, il duo si rimette subito al lavoro per il secondo album. Esce "Nord Sud Ovest Est" (1993), un disco che replica e supera il successo del precedente. I volti di Max Pezzali e Repetto rimbalzano dal Festivalbar dentro le case di milioni di italiani: la popolarità cresce. Di lì a poco, in coppia con Fiorello, Max Pezzali vince il "Festival Italiano", su Canale5 con il cantatissimo brano "Come mai". Più di mezza Italia balla o canta almeno uno dei ritornelli degli 883.

Quando tutto sembra andare a gonfie vele arriva, come una doccia fredda, la rottura: Mauro decide di mollare. Si trasferisce a Los Angeles per seguire senza successo la strada del cinema; torna poi in Italia per tentare una carriera musicale da solista, ma non decolla. Sparisce dalle scene.

Max Pezzali, rimasto solo, non rinuncia al nome "883": deve e vuole dimostrare che può farcela. E' il 1995: senza pensarci due volte Max partecipa al Festival di Sanremo. Ottiene un più che discreto quinto posto con "Senza averti qui"; scrive inoltre il brano "Finalmente tu" con cui l'amico e collega Fiorello arriva ottavo.

Il brano di Sanremo anticipa il nuovo disco "La donna, il sogno & il grande incubo", che ancora una volta guadagna le vette della top-ten italiana.
I nuovi 883 sono composti dal suo leader Max Pezzali e da una una band di ben nove elementi (inizialmente ai cori vi sono le sorelle Paola e Chiara, poi diventate note in tutta Europa con i loro successi): nel 1995 gli 883 vincono il Festivalbar e iniziano il loro primo tour.

La "Regola dell'amico" è il tormentone del 1997 che precede il disco "La dura legge del gol": il brano viene premiato con il Telegatto come migliore canzone dell'estate.

Nel 1998 è la volta di "Jolly Blu", un film autobiografico, e di "Stessa storia, stesso posto, stesso bar", un libro scritto da Max Pezzali sul periodo precedente l'esperienza musicale.

Di Montecarlo nel 1999 arriva il prestigioso riconoscimento internazionale del "World Music Award" come "Best-selling italian artist/group" cui segue nel mese di ottobre dello stesso anno, il sesto album: "Grazie mille".

Il 2000 vede gli 883 impegnati in giro per l'Europa con un tour che attraversa Austria, Germania e Svizzera, oltre che l'uscita di un greatest hits.

La popolarità è alle stelle: il 2001 è un altro anno magico. Da un sondaggio (Abacus) Max Pezzali e gli 883 risultano i cantanti "più conosciuti e seguiti" dai giovani italiani tra i 14 ed i 24 anni, più di Madonna, per fare un paragaone significativo. Nel mese di marzo gli 883 sono protagonisti di un tour trionfale con Eros Ramazzotti, per tutta la Germania. A giugno esce "Uno in più": il disco entra direttamente alla posizione numero 1 dei più venduti in Italia. L'estate vede Max e la band protagonisti con "Bella vera" e "La lunga estate caldissima" (i due videoclip, girati a Los Angeles, sono opera dei Manetti Bros.).

Max Pezzali viene scelto dalla Disney per adattare e interpretare la colonna sonora del film di Natale (2002) "Treasure planet - Il pianeta del tesoro" (interpretato nella versione originale da John Rzeznik dei Goo Goo Dolls). La canzone "Ci sono anch'io" esce prima come singolo e poi nella raccolta delle canzoni d'amore "LoveLife", di cui fa parte anche l'inedita "Quello che capita".

Per gli 883 si chiude un capitolo: Max Pezzali decide di abbandonare il nome "883". D'ora in avanti sarà semplicemente "Max Pezzali".

Anticipato dal singolo "Lo strano percorso", viene pubblicato il nuovo album di "Il mondo insieme a te" (2004). Tutte le canzoni sono state scritte da Max Pezzali, che "debutta" in copertina con il proprio nome, al posto del noto logo 883. Le prime 30.000 copie sono numerate e comprendono un DVD con i videoclips - da "Hanno ucciso l'uomo ragno" a "Quello che capita" - che raccontano la storia dagli 883 a Max Pezzali. La produzione dell'album è stata ancora affidata alla coppia storica Peroni-Guarnerio (da sempre collaboratori del progetto insieme a Claudio Cecchetto) ai quali si sono aggiunti, per la finalizzazione del disco, Claudio Guidetti (produttore musicale di Eros Ramazzotti) e Michele Canova (produttore musicale di Tiziano Ferro).

Una curiosità: come spesso hanno avuto modo di raccontare Maurizio Costanzo e la compagna Maria De Filippi, nei primi tempi della loro amicizia lui le inviava dei fiori e il ragazzo che si occupava della consegna era proprio il giovane Max Pezzali.



http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1113&biografia=Max+Pezzali


http://www.maxpezzali.it

http://www.maxpezzalinetwork.com/day365


domenica 28 novembre 2010

Mango

E' il 6 novembre 1954 quando Lagonegro, cittadina della provincia di Potenza, viene chiamata a dare i natali a Pino Mango; nasce qui una delle voci più originali del firmamento musicale italiano e non solo. Preludio incantevole, ricco di sfumature e virtuosismi vocali: è questa l'atmosfera che si respira ascoltando le sue inconfondibili canzoni.
Per Mango la musica non deve essere vincolata ma, al contrario, deve fruire di spazi immensi e per questo rivolge le sue attenzioni verso sonorità 'estere', non rispecchiandosi in una musica italiana allora troppo legata a determinati stereotipi.
Grande importanza è rivolta verso la dimensione ritmica; di grande interesse e utilizzo sono i tempi dispari, componendo spesso in 5/4 e 6/8, a dimostrazione di un'affinità musicale non proprio legata alla tradizione italiana.

Pur sentendosi molto vicino alle origini della nostra grande melodia, sente l'esigenza di fonderla con sonorità tipiche di altre culture come quella americana, anglosassone o irlandese.
Le canzoni di Mango non risultano essere mai scontate, ma sempre articolate in melodie elaborate e complesse. Inclinazione naturale, ascolto e studio: ecco la sintesi di una voce che, per timbro ed estensione vocale, la rende davvero unica, fino a sfociare nella sua caratteristica vocale: il semi-falsetto (voce di petto da non confondere con il falsetto che è una voce squisitamente di testa).

Conia un vero e proprio stile, tutto basato su continui cambi di pendenza: salite e discese dove la sua voce risalta senza esitazione, mostrandosi un cultore strenuo della perfezione stilistica.
La vocazione di Pino Mango è quella di usare parole facendone dei simboli sonori. Fama e popolarità conquistate con tanta gavetta, sagacemente salvaguardate dal dosaggio di continue ricerche musicali e con incisioni distanziate nel tempo e lungamente meditate.

Fin da piccolo il suo feeling con la musica risulta essere molto intenso e pieno di complicità, manifestando un'innata passione. A sette anni già suona con gruppi locali, a tredici si accosta a generi tutt'altro che melodici, infatti mastica dal rock duro al blues, cresce ascoltando Led Zeppelin, Deep Purple, Robert Plant, Aretha Franklin, Peter Gabriel, influenzando così la propria impostazione canora.

Parallelamente alla passione per la musica intraprende gli studi di Sociologia presso l'Università di Salerno e, quando sente l'esigenza di servire la sua vocalità, inizia a scrivere. Dimostra grande capacità realizzativa nello sviluppare linee melodiche che esaltano il cantato, il quale viene concepito come un vero e proprio strumento.

La prima incisione in assoluto è il brano: "Indiscutibilmente mia" che dopo il lancio promozionale prenderà il nome di "Su questa terra solo mia", inserita nell'album di esordio pubblicato nel 1976 "La mia ragazza è un gran caldo", con la RCA, dove cura la parte musicale delle sue canzoni, caratteristica rigorosamente rispettata fino ad oggi. L'anno seguente, supportato dalla prestigiosa casa discografica Numero 1 - quella del periodo d'oro di Battisti - lancia il 45 giri "Fili d'aria / Quasi Amore", ormai considerato un vero e proprio pezzo da collezione in quanto ha la particolarità di contenere due brani mai pubblicati in nessun album.
Trascorre un altro anno e viene inciso un nuovo 45: "Una Danza / Non Aspettarmi".

A tre anni dall'album di esordio, coadiuvato sempre dal fratello Armando, si propone artisticamente con l'aggiunta del nome, Pino Mango; è il 1979, con una copertina molto particolare, incide il suo secondo lavoro discografico: "Arlecchino", accompagnato dal singolo "Angela Ormai".

Ancora un triennio di attesa e pubblica il suo terzo album, "E' Pericoloso sporgersi" data 1982, promuovendo anche l'omonimo singolo, stavolta a tenerlo a battesimo è la Fonit Cetra. Nel 1984 Mango presenta un provino che rimane però a lungo impantanato sulle scrivanie della Fonit.
Scoraggiato dalle flebili attenzioni, decide mestamente di abbandonare il mondo della musica e rigettarsi a capofitto negli studi accademici. Ironia della sorte, fu proprio questa la svolta della carriera dell'artista Mango.

Si trova presso gli studi della Fonit un "tale" Mogol che ascoltando un passaggio del provino, rimane bene impressionato e chiede di incontrare un Mango in quel periodo, impegnato negli studi di Roma per la realizzazione di un album di Scialpi.
L'invito però viene rifiutato dal giovane lucano, ormai sempre più deciso a lasciare la musica per gli studi, e soltanto dopo ripetuti tentativi Mogol riesce nell'intento. L'incontro, avvenuto anche in presenza di Mara Majonchi e di Alberto Salerno, è positivo e si traduce prontamente non solo nella decisione di produrre il giovane artista ma anche di scrivere la lirica per questa musica. Così ebbe vita una delle canzoni più rappresentative e conosciute di Mango: stiamo parlando di "Oro".

Possiamo dire che in seguito a questo evento comincia una nuova avventura discografica, assistito anche da una collaborazione sempre più fitta con Mogol, che segnerà un momento di grande importanza nel suo percorso artistico. Cambio di marcia, e nei successivi 4 anni vengono pubblicati ben 4 album: l'onda
inarrestabile del successo di Oro lo trascina sulla riviera ligure, infatti nel 1985 ad ospitare Mango è il palcoscenico sanremese. Debutta al Festival con Il Viaggio aggiudicandosi subito il premio della critica, e pubblicato il 45 giri, realizza l'album Australia.

Il 1986 lo vede ancora a Sanremo, stavolta gareggia nella categoria Big. E' il turno di Lei verrà e dell'album Odissea. Nello stesso periodo vince il Telegatto come 'rivelazione dell'anno'.

Nel 1987 è sempre Sanremo: il brano in questione è Dal cuore in poi, ma è un altro il brano che passerà alla storia: è l'anno di Bella d'estate, scritta con Lucio Dalla, il 33 invece prende il titolo di Adesso. Con questo brano ottiene grosse soddisfazioni che non tardano ad arrivare neanche dall'estero, album stampato in tutta Europa, in primis in Germania, ma spopola letteralmente in Spagna dove si colloca ai vertici delle classifiche e ben presto viene pubblicato l'album in lingua spagnola prendendo il nome di Ahora.

Nel 1988 Inseguendo l'aquila è il nuovo album dell'artista lucano, in questa occasione l'estratto è Ferro e fuoco. Ancora notevoli riscontri dall'estero ed ancora una pubblicazione in lingua iberica, album che in Spagna cambia nome: Hierro y Fuego.

Nel 1990 dopo due anni di pausa, si ritorna a Sanremo, il brano presentato è Tu si... Non è consequenziale al festival l'uscita dell'album, dapprima viene pubblicato il singolo sanremese poi bisogna attendere qualche mese prima della pubblicazione di Sirtaki. Canzoni del calibro di Nella mia città e Come Monna Lisa, diventano ben presto di grande successo in Italia e non solo. Nuovamente dall'amica Spagna arrivano segnali più che incoraggianti, viene pubblicato così il terzo album consecutivo in lingua spagnola. Nella bacheca va ad annoverarsi il premio Vela d'oro conferitogli a Riva del Garda

Nel 1992 con l'uscita di Come l'acqua, viene decantato dagli addetti ai lavori come il cantante del pop-mediterraneo. Dallo stesso album, oltre all'omonima Come l'acqua pubblicata in una duplice versione, diventa un vero e proprio caposaldo della musica italiana la pittoresca e descrittiva Mediterraneo.

Nel 1994 cambia etichetta, stavolta è con la EMI che pubblica Mango, album omonimo, tra tutte spicca la canzone Giulietta scritta assieme al genio di Pasquale Panella.

Nel 1995 arriva una nuova partecipazione sanremese, il brano è Dove vai, premiato come miglior arrangiamento della manifestazione canora, a curarlo è Rocco Petruzzi; in seguito viene pubblicato il primo live di una ormai solida carriera artistica.

Nel 1997 ritorna alla Fonit Cetra con la pubblicazione di Credo e il ritorno è in pompa Magna. Per la realizzazione di quest'album, Mango si avvale di collaboratori internazionali del calibro di: Mel Gaynor (batterista dei Simple Minds) e David Rhodes (chitarrista di Peter Gabriel). L'album è musicalmente intriso di atmosfere rarefatte e di ambienti sonori, frutto dei sapienti arrangiamenti di Rocco Petruzzi e Greg Walsh.

L'anno seguente l'eco delle sirene Sanremesi hanno ancora fascino ammaliante e con la partecipazione di Zenima, presenta alla platea il brano Luce, magistralmente riproposto in versione inglese nella ristampa di Credo.

Nel 1999 un nuovo cambio di casa discografica, stavolta è il turno della WEA. Viene pubblicato così il primo The best ufficiale della discografia, il titolo dell'album è Visto così, contenente 2 inediti composti con l'ormai collaudato fratello Armando e nuovamente con Pasquale Panella. Amore per te fa da spartiacque, ma al seguito vi sono alcune rivisitazioni di brani divenuti dei veri e propri evergreen. Viene inoltre incisa per la prima volta da Mango Io Nascerò, canzone donata a Loretta Goggi nel 1986. Lo stesso Mango definisce quest'album come un punto di arrivo, un voler tirare le somme e fare il punto della situazione.

Dovranno passare però 3 anni, per capire bene il senso di queste parole...
Dopo 5 anni nel 2002 ritorna a pubblicare un album interamente di inediti: Disincanto. Come anticipato da lui stesso, stavolta troviamo un nuovo Mango, affiora una nuova veste dell'artista, ed una nuova vena compositiva. Sente per la prima volta l'esigenza di raccontarsi e quindi di scrivere i testi addentrandosi nel proprio io. Risulta essere autore di gran parte dell'intero album. Assoluto padrone e trascinatore dell'album è senza dubbio il brano "La rondine", da segnalare inoltre, la cover di Michelle dei Beatles, eseguita straordinariamente a 6 voci, tanto originale quanto affascinante.
2004 Interamente composto da Mango, viene pubblicato Ti porto in Africa che è la naturale evoluzione del suo percorso musicale. Grande magia e raffinato equilibrio, affonda le radici nella melodia e la gestisce con suoni e arrangiamenti più propri del pop-rock di matrice anglosassone. Degno di nota è il bellissimo duetto con Lucio Dalla in "Forse che si, forse che no".

Il 2004 però è anche l'anno del debutto di Pino Mango come poeta, si presenta infatti al grande pubblico in una nuova ed elegante veste. Viene pubblicato il suo primo libro di poesie "Nel malamente mondo non ti trovo", 54 poesie che riassumono tutta la raffinatezza e la profondità del Mango poeta.

Nel 2005 "Ti amo così", pubblicato dalla Sony-BMG, è un canto all'amore poeticizzando la vita. Unica ispirazione sono i sentimenti più profondi che, messi sul pentagramma, arrivano fino ad un Dicembre degli aranci, in duetto con la moglie Laura Valente, capace di far commuovere anche i più duri di cuore. Di grande rilevanza vocale è anche la magistrale interpretazione del classico partenopeo I te vurria vasà.

Una bacheca così ricca non sta a proclamare un obbiettivo raggiunto, bensì alimentata dalle esperienze acquisite, funge da stimolo per esplorare i luoghi più affascinanti e diversi della musica, sempre alla ricerca di continue emozioni e nuove sonorità.

Testo originale a cura di Leonardo Oro - www.mango.it

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1456&biografia=Mango


http://www.mango.it/mango.php




sabato 27 novembre 2010

Little Tony



Antonio Ciacci, è questo il vero nome di Little Tony, nasce a Tivoli il 9 febbraio 1941. Un giorno fortunato per la musica italiana.

La famiglia Ciacci
Little Tony aveva tanti musicisti nella propria famiglia. Il nonno Novino era un ottimo fisarmonicista, il padre- cantante ed i fratelli Enrico- chitarrista e Alberto- fisarmonicista come il nonno. La musica diventa il gioco preferito di fratelli Canci; il piccolo Antonio si diverte particolarmente con le maracas. Da teenager imita i più popolari cantanti di rock'n'roll- Little Richards e bill Haley, anche se non conosce l'inglese.

La prima esibizione e il successo
Durante una serata nel 1956 in un locale a Grottaferrata i fratelli Ciacci si esibiscono a sorpresa. La è sala piena di turisti americani, che hanno voglia di ascoltare i brani freschi che muovono il corpo e l'anima; questo pubblico gli regalerà il suo primo grande applauso.

Little Tony And His Brothers si esibiscono in taverne, ristoranti, sale da ballo e balere. Durante il concerto allo Smeraldo di Milano il famoso impresario Jack Good nota la band di Little Tony e gli propone di incidere un disco in Inghilterra. Nell 1958 la band incide i singles con le cover di famosissime: "Johnny Be Good", "Too good","I can help you","Princess" e "Shake rattle and roll" e anche " Lucille" , " Il barattolo" e " Sassi".

La grande carriera
Nel 1961 Little Tony torna in Italia e partecipa al Festival di Sanremo. Invitato da Celentano canta insieme a lui "24 mila baci" e si piazza in seconda posizione. La canzone diventa una delle più grandi hit degli anni 60! Ormai solista incide i dischi con i brani dei film di cui spesso èl protagonista: "Rocco e le sue sorelle","Pugni, pupe e marinai" e "5 marines per 100 ragazze". Finalmente nel 1962 arriva il grande successo con il 45 giri "Il ragazzo col ciuffo". Nel 1963 partecipa al Cantagiro con la canzone " Se insieme ad un altro ti vedrò" scritta dal fratello Enrico e si prende di nuovo il secondo posto. Ritorna a Sanremo nel 1964 con " Quando vedrai la mia ragazza". Sembra la maledizione del secondo posto quando nel 1966 si ripresenta al Cantagiro con "Riderà" e... conquista il secondo posto. La canzone nonostante questo diventa famosissima; è venduta in 1 milione di copie e tradotta anche in inglese. Il momento più brillante arriva nel 1967 con la partecipazione a Sanremo e la celeberrima canzone "Il cuore matto". Little Tony diventa famoso in tutta Europa e nelle Americhe. Durante questo periodo raggiunge probabilmente l'apice del successo e della popolarità. I tempi purtroppo cambiano e cambiano le tendenze. Le partecipazioni a Sanremo nel 1968 (" Un uomo piange solo per amore") e nel 1969 ("Bada bambina") non ripetono lo stesso successo. Nel 1975 esce nuovo album dedicato al suo adorato Elvis: "Tony canta Elvis"che riscuoterà un discreto successo . Nel anni 80 Little Tony partecipa a varie trasmissioni televisive:"Trent'anni della nostra storia" , "C'era una volta il festival" e " Una rotonda sul mare". Forma anche il gruppo Robot con Bobby solo e Rosanna Fratello che inciderà la sigla di Buona Domenica. Negli anni 90 escono gli album "Gli anni d'oro" e "Se io fossi nato in Texas"...ma meno male che è nato a Tivoli"!

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Niccolò Fabi

Niccolò Fabi è figlio d’arte: il padre, Claudio, è stato uno dei più importanti produttori discografici dei Settanta (PFM, Alberto Fortis…), e non solo. La sua esperienza parte da Roma, la città dove è nato nel 1968 ed è inserito nel suo fervido ambiente musicale di inizio Novanta, assieme a nomi come Daniele Silvestri, Max Gazzè, Federico Zampaglione, Riccardo Sinigallia.




Nel ’97, con Capelli, vince il Premio della Critica nelle Nuove Proposte al Festival di Sanremo. Dello stesso anno è il disco d’esordio, Il giardiniere, stretto fra melodie pop, reminiscenze anni 80 e qualche fendente rock.



Nel ’98 presenta, sempre a Sanremo, Lasciarsi un giorno a Roma. Fa parte del secondo album, Niccolò Fabi, che contiene pure Vento d’estate, in coppia con Max Gazzè e Immobile assieme a Frankie HI-NRG.



Il terzo lavoro, Sereno ad Ovest, è del 2000, è ideato e arrangiato in proprio e sostenuto dal singolo Se fossi Marco. L'anno dopo esce una raccolta dei suoi pezzi più celebri, cantati in lingua spagnola per il mercato estero.



La cura del tempo è del 2003: il protagonista è il tempo che scorre, la storia, la prospettiva dell’esistenza. Fra gli ospiti Fiorella Mannoia, che canta in Offeso. Canzoni come È non è, Il negozio d'antiquariato sottolineano una vena compositiva sfaccettata e matura, che supera le pastoie del pop italiano.



Dopo la partecipazione, nel 2005 a La fantastica storia del pifferaio magico di Edoardo Bennato, Fabi arriva a Novo mesto (2006) con brani come Costruire e Oriente che proseguono il suo allontanamento dalla linearità dei brani dei primi tempi.



Una raccolta nel 2006 (Dischi volanti 1996-2006), e un altro cd per il mercato spagnolo.



Nel 2007 la produzione del documentario Live in Sudan racconto di un viaggio e di un concerto di beneficenza effettuato nel paese africano e soprattutto del progetto Violenza 124 : sette variazioni sul tema della violenza, condotte da un’idea musicale dell’artista assieme a Mokadelic, Olivia Salvadori & Sandro Mussida, Boosta, Roberto Angelini, gli Gnu Quartet e la Artale Afro Percussion Band. Un doppio cd, a cui fa seguito la partecipazione alla scrittura con i Mokadelic della colonna sonora del film di Gabriele Salvatores Come dio comanda tratto dall’omonimo libro di Niccolò Ammaniti.

È il preludio a un nuovo disco, Solo un uomo, che esce alla fine di maggio 2009 e rinnova totalmente il rapporto di Niccolò Fabi con la forma canzone.


Niccolò Fabi è figlio d’arte: il padre, Claudio, è stato uno dei più importanti produttori discografici dei Settanta (PFM, Alberto Fortis…), e non solo. La sua esperienza parte da Roma, la città dove è nato nel 1968 ed è inserito nel suo fervido ambiente musicale di inizio Novanta, assieme a nomi come Daniele Silvestri, Max Gazzè, Federico Zampaglione, Riccardo Sinigallia.



Nel ’97, con Capelli, vince il Premio della Critica nelle Nuove Proposte al Festival di Sanremo. Dello stesso anno è il...
 
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lunedì 22 novembre 2010

Teresa De Sio

Il primo incontro con la musica avviene attraverso l'esperienza di Musica Nova, l'ensamble che, in quella fine anni settanta, riuscì a fondere il linguaggio folk con la canzone d'autore. Una De Sio appena ventenne scopre così la musica popolare e ne fa subito tesoro, quando, iniziando a scrivere canzoni di suo pugno, decide di lasciare il gruppo e pubblicare il suo primo album solista, "Sulla Terra Sulla Luna", del 1980. Teresa, che firma tutti i testi, trova nel dialetto napoletano la fluidità di un canto personalissimo. Un lungo tour ne mette in mostra la grande personalità di performer.




Nel 1982 esce "Teresa De Sio", che contiene tra le altre canzoni "Voglia 'e turnà" e "Aumm Aumm". A sorpresa il disco vende oltre cinquecentomila copie e una lunghissima tournée corona il successo dell'anno assieme ad una totale stima da parte della critica che ne esalta la peculiarità poetica e musicale in un crossover molto sofisticato. Con la pubblicazione di "Tre", la popolarità della De Sio diviene indiscussa. Molti i riconoscimenti per i testi, tutti firmati da lei. Nuovo tour che si conclude con la prima diretta televisiva di un concerto realizzato dalla Rai effettuata dalla Mostra d'Oltremare con trentamila presenze (in tv la seguiranno sette milioni di spettatori).



Ci vogliono due anni di lavoro per la realizzazione di "Africana", primo album dove compaiono composizioni in lingua italiana con una inversione di tendenza anche sul piano sonoro, molto più vicino ad un linguaggio rock. Al suo fianco Brian Eno, un legame artistico e una amicizia che continueranno con il passare del tempo, regalando risultati importanti e di prestigio. L'album viene pubblicato in Inghilterra, Francia e Germania. Mentre l'anno successivo per la prima volta Teresa non compone, ma si avvicina in maniera virtuosa e sofisticata al patrimonio musicale napoletano dei primi del Novecento: "Toledo E Regina" é una raccolta di classici interpretati in maniera mirabile, con occhio attento alla musica colta. Arrangiatore degli archi e direttore d’orchestra Paul Buckmaster, al piano Ernesto Vitolo. Nel 1988 esce il doppio album "Sindarella Suite", la prima parte contiene canzoni, la seconda mostra la natura audace della scrittura della De Sio con la avvincente suite composta assieme a Brian Eno e Michael Brook intitolata "La Storia Vera di Lupita Mendera" che verrà presentata in anteprima al Festival Internazionale della Poesia di Parma. Ospite della suite Piero Pelù dei Litfiba.



Nel 1991 viene pubblicato "Ombre Rosse", un disco che sembra chiudere un ciclo artistico, sottolineato da due lunghi tour, uno invernale e uno estivo, nel quale la cantautrice ripercorre le tappe della sua carriera decennale regalando alle canzoni una sorta di unitarietà venata di rock, jazz e canzone d'autore. Infatti "La Mappa del Nuovo Mondo", del 1993, naturalmente con testi e musica da lei composti e scritto in italiano (c'è un solo brano in dialetto napoletano) appare modificare la vena di Teresa, un lavoro che si concentra su di una forte ispirazione poetica a fotografare momenti importanti come la canzone-manifesto "Io Non Mi Pento". Nell'inverno del '93/'94 gira l'Italia con lo spettacolo "Parole e musica", in cui, per la prima volta si assiste ad un concerto dove pubblico e artista scambiano opinioni dialogando, tessendo un rapporto intenso e unico. Nel settembre del 1995 viene pubblicato "Un Libero Cercare", album interamente scritto in italiano, registrato dal vivo al Teatro Petrella di Longiano, senza pubblico e con una ricerca sonora tesa verso forme di acustica naturale, prendendo spunto dalla necessità di Teresa di dare alle canzoni non solo una unitarietà di suoni e di arrangiamenti ma anche la consapevolezza di un'anima live che è sempre stata fondamentale nella vita artistica della cantautrice. Ospiti del disco Fabrizio De André e Fiorella Mannoia che, con le loro voci, vengono a tributare la loro stima ad una autrice sempre più matura.



L'anno successivo la De Sio partecipa alla Rassegna del Festival di Recanati (è nella giuria del premio fin dalla prima edizione) con una composizione per voce recitante e sonorizzazioni di chitarra elettrica, intitolato “La Cattiva Sorella”, dedicato alle vedove dei liquidatori di Chernobyl e scritta soltanto pochi giorni prima, in occasione del decennale dell’esplosione. “La Cattiva Sorella” viene letta in contemporanea a Roma dal poeta Maurizio Gregorini davanti a cinquantamila persone, nel corso di una manifestazione indetta al Colosseo dalla Lega Ambiente, Cgil e WWF per il decennale. Nell’estate realizza una serie di concerti (il progetto prende il titolo di uno dei suoi brani, “Brigate di Frontiera”) che la vede insieme sul palco con gli YoYo Mundi (band emergente piemontese) e ad Andrea Chimenti, in una avvincente e spericolata fusione di linguaggi. Il mese di gennaio del '97 è un mese febbrile: scrive tre inediti e sceglie le canzoni "storiche" da inserire nel tour che servirà per la registrazione dal vivo del suo nuovo disco. A guidare il gruppo il chitarrista e arrangiatore Sasà Flauto, un ragazzo napoletano di grande talento che diventerà braccio destro della cantautrice.



Il risultato di questo lavoro è un disco che si intitola "Primo viene l'amore", pubblicato nel giugno del 1997, quindici canzoni, dalle canzoni popolari e tradizionali, ai grandi successi come "Voglia 'e turnà", "Marzo", "Terra 'e nisciuno" riarrangiate e rivisitate con sorprendente attualità, agli inediti, tra cui spicca "Anima Lenta". Con l'arrivo dell'estate si torna a pensare ai concerti e una collaborazione con i Pantarei, esponenti nuovo rock italiano, presenti anche in "Canti Sudati", si concretizza nel tour che, iniziato nel mese di giugno a del Cuba con quattro concerti sold out, terminerà ai primi di ottobre.



Il '99 è l'anno della realizzazione del progetto "La notte del dio che balla", di cui Teresa De Sio è direttore artistico. Contiene il singolo inedito "Salta Salta" presentato in anteprima nazionale al grande concerto del 1° Maggio a Piazza San Giovanni a Roma, ripreso in diretta da Rai 3. Verrà poi ripreso nel mese di luglio con sei concerti realizzati nei maggiori festival italiani: più di tre ore di musica dal vivo, dalle radici della musica popolare alle contaminazioni tecnologiche. Una lunga notte tutta da ballare, tra chitarre battenti e loops campionati passando tra alcune delle più significative realtà musicali oggi in Italia. Un omaggio ad una delle più importanti tradizioni culturali italiane: la taranta e al suo luogo d'origine, il Gargano. La partecipazione dal vivo al Club Tenco di Sanremo e al Salone della Musica di Torino, chiudono gli impegni dell'anno.



Il 7 gennaio del 2001 suona davanti all'immensa miniera di sale di Petralia Sottana, nel parco protetto delle Madonie, ad un'ora da Palermo, chiudendo la rassegna "I Suoni della Terra" e devolvendo l'intero incasso al WWF. Nel frattempo Teresa sta pensando ad una nuova onda di concerti, con la realizzazione del tour "Da Napoli a Bahia da Genova a Bastia", una sorta di viaggio per mare , scritta assieme al navigatore Giovanni Soldini. Concretizzatisi nei mesi di marzo e aprile nei maggiori teatri italiani (con chiusura all'Ambra Jovinelli di Roma) e d'estate in bellissimi festival (come la fortezza del 1500 di Civitella del Tronto al Crossover Festival, l'Anfiteatro di Nuoro, il Festival EtnoPollino in Sila o il Festival di Caserta per la chiusura, sul palco assieme a Giovanni Soldini).



Nei primi mesi del 2003 Teresa inizia la pre-produzione delle canzoni che dovrebbero far parte del nuovo disco. Invece, prepotentemente, entra in scena un progetto che la catturerà totalmente. Si intola “Craj (Domani)” ed è un affresco musical/teatrale di un viaggio nella terra di Puglia, alla ricerca delle radici. Teresa scrive il plot inventando due personaggi: Messer Floridippo e il suo servo Bimbascione. Coinvolge Giovanni Lindo Ferretti, voce carismatica del PGR, una personalità unica, perfetta per il personaggio di Floridippo. “Craj” è uno spettacolo dedicato ai grandi vecchi della musica popolare pugliese, i pilastri della musica popolare, gli indiscussi maestri di sempre. “Uno spettacolo di devozione” come ama chiamarlo, fatto con un amore speciale verso i Cantori di Carpino, Uccio Aloisi e Matteo Salvatore, questi ottantenni indomiti rimasti a vegliare sulla tradizione. Il successo, di pubblico e di critica, è assoluto: lo spettacolo, che non è solo musica, né teatro, né happening, ma tutto questo assieme, viene prodotto in otto date-evento, da Torino e Milano, a Bologna e Ancona, a Lecce e Roma. Quattro palcoscenici, una scenografia da festa di paese, trentasei persone tra musicisti e produzione, un cavallo, Toledo, ad entrare in scena. Lo spettacolo cattura l’attenzione di Gianluca Arcopinto e Luisa Pistoia e il passo successivo è quello di farlo diventare un film la cui uscita è prevista per la primavera del 2005.



Con questo progetto faticosissimo e al tempo stesso pieno di fascino, Teresa giunge alla fine dell’estate. Nella sua testa il nuovo disco è già pronto, non rimane che registrarlo.



Si intitola "A Sud! A Sud!". E’ il potente ritorno alle radici della musica popolare. Il disco, pubblicato nell’inverno, è un trionfo di riconoscimenti live, dai teatri ai festival estivi, in un crescendo di premi e conferme di un ritrovato amore, sopito e mai dimenticato. Teresa è ospite con Raiz e Stewart Copeland alla “Notte della Taranta” del 2005, nella città di Melpignano davanti a centomila persone in delirio. Nel 2006 la lunga scia di “A Sud A Sud” continua con un nuovo tour nei festival più importanti. Inoltre il film “Craj” ottiene molti premi (il “Libero Bizzarri” e il “Premio Opera Prima” a Venezia, entra nella cinquina per il Davide di Donatello) e viene presentato anche in Francia, dove Teresa partecipa anche con concerti acustici.



L’inverno 2006 e i primi mesi del 2007 sono il momento di scrittura del nuovo disco che, realizzato in primavera, viene pubblicato nel mese di giugno di quest’anno: “Sacco e Fuoco”, Il disco contiene un brano, “Amèn”, mix sonoro tra Napoli e Giamaica, tra tarantella e reggae, che racconta il sangue e la violenza insensata e troppo tollerata da tutti coloro che ogni giorno oscurano e devastano lo splendore di Napoli; nel brano la De Sio si rivolge al Padreterno del Vomero perché scenda a liberare la città dalla criminalità e alla Madonna della Mondezza: “Oi Madonna d’a munnezza scinne tu a lavà sta chiazza, manco ll’aria fa chiarezza pe sti pisce dint’a rezza”. Tra i brani del cd, “Non tengo paura”, una lettera di una figlia ad una madre tra le regole imposte ad ogni destino femminile con un resoconto struggente di quanto coraggio ci voglia per poter trasgredire e costruire la propria vita senza moralismi e ipocrisie. In questo mondo che va in rovina - canta la De Sio - l’unica salvezza è NON AVERE MAI PAURA!







Un grande fermento di creatività accoglie l’uscita di “Sacco e Fuoco”, un successo di pubblico e critica per la celebre cantautrice napoletana che entra nella cinquina dei 5 migliori dischi dell’anno secondo il prestigioso Club Tenco e riceve il primo premio degli “Impedibili” di Bielle. Tutti i festival che nel 2007 hanno ospitato la produzione live di TERESA DE SIO hanno costatato la potenza dello spettacolo assistendo a rinnovati favori del pubblico da Roma a Bologna, da Genova a Firenze, da Urbino a Ascoli Piceno, a Crotone per tutta l’estate fino al concerto finale a Napoli a Piazza Plebiscito davanti a centomila persone. Sull’onda di quel riscontro parte la nuova produzione estiva del 2008 che iniziata a luglio e terminerà a metà settembre 2008 con arrangiamenti potenti e graffianti, e con una sorprendente e ritrovata energia vitale.



Ma il 2008 è importante anche per la pubblicazione di “RIDDIM A SUD”, il nuovo progetto che vede la De Sio ideatrice di quello che lei stessa presenta così: “Il vento che muove RIDDIM-A SUD è il vento della necessità forte di condivisione musicale e scambio di energie creative. Per questo progetto ho tratto ispirazione, come d’altronde il titolo stesso rivela, da una “modalità” della musica giamaicana nella quale la stessa “base” creata da un determinato artista per un proprio pezzo, è poi riutilizzata da altri cantanti e compositori che a loro volta ricreano una nuova melodia e un nuovo testo e dunque una canzone completamente diversa. L’ambizione è quella di introdurre questa usanza nella musica popolare italiana e, in particolare, nella musica folk-d’autore. In effetti, già la nostra musica popolare, quella più legata alle “radici”, si muove in questa direzione. Chiunque reinterpreti, ad esempio, una “pizzica” o una “tarantella” di Carpino, non può prescindere dall’uso di un “riddim” di tamburello, chitarra e violino che sono codificati dalla tradizione. Fare circolare la propria musica, metterla a disposizione di altri musicisti e stimolare la loro immaginazione, è un vero progetto di creatività e produttività interattiva.”



Il Cd vede riuniti alcuni dei nomi più interessanti e creativi della scena musicale italiana folk e folk-rock, sudisti e non, da Roy Paci agli Apres la Classe, da Ambrogio Sparagna agli Agricantus, da Peppe Voltarelli a Raiz, dai Mau Mau a Ginevra di Marco, con l’aggiunta di quattro musicisti emergenti scelti attraverso la rete: Nicodemo, La Resistenza, Manekà e Paolo Lizzadro. Tutti questi musicisti hanno utilizzato delle basi di canzoni di Teresa De Sio e le hanno rielaborate al punto di scrivere una nuova composizione. I risultati sono davvero eccellenti e la decisione di realizzare dei concerti viene spontanea: 6 grandi festival ospitano la produzione di “RIDDIMM A SUD LIVE” nell’estate 2008: da Imola per la Festa della Musica, a Roma a Villa Ada Incontra il Mondo, alla chiusura per la notte bianca di Roseto degli Abruzzi davanti a cinquantamila persone pronti a ballare per tre ore di grande musica.



A sottolineare la felice vita del progetto, nel mese di novembre esce RIDDIM A BOOK, un libro fotografico realizzato dalla Core, etichetta della De Sio, con le immagini di Pasquale Modica, fotografo eccezionale che cattura lo spirito nomade e avventuroso dei musicisti che hanno partecipato ai concerti. Pubblicato a tiratura limitata, il libro è una vera chicca per collezionisti.



Sempre nel mese di novembre viene pubblicato SACCO E FUOCO DELUXE, un versione composta da 2 cd: il primo con i brani di Sacco e Fuoco e il secondo con un cd live realizzato in acustico per il programma Patchanka, di Radio Popolare e alla Salumeria della Musica per Lifegate: le canzoni vivono di una nuova veste e possiedono l’energia magnifica del trio (con Max Rosati alle chitarre, Giuseppe De Trizio al mandolino e Her al violino, oltre naturalmente a Teresa voce e chitarra). Inoltre il cd contiene l’inedito del piccolo gioiello che non poteva non essere pubblicato dall’autrice: “’O Paraviso ‘n Terra”, scritto da Teresa per RAIZ, riarrangiato e rielaborato in un ritratto formidabile del “suo” suono. Del brano viene realizzato un video, girato in pellicola con la regia di Giuseppe Gagliardi e realizzato a “impatto zero”, con il sistema di pannelli fotovoltaici, argomento ecologico che sta molto a cuore all’ artista. Il video è stato presentato in anteprima a “Linea Notte” del Tg3 dal Direttore Antonio di Bella e poi a “Scalo 76”, il programma di RaiDue.



Ma la fine dell’anno 2008 prevede per Teresa De Sio una nuova importante attività: scrivere il suo primo romanzo. Di questo è prematuro parlarne, ma è un impegno che coinvolge Teresa totalmente al punto di fermare tutte le attività concertistiche.

http://www.teresadesio.com/biografia.htm
 

 
 

domenica 21 novembre 2010

Simone Cristicchi



5 febbraio 1977 – 12 aprile 2005
Atterrasti sul pianeta Terra nel 1977. Iniziasti a suonare per caso, all’età di 16 anni, muovendo le dita su una vecchia chitarra classica trovata in soffitta, fatta accordare dal commesso di un negozio di strumenti…Subito cominciasti a comporre strane cose chiamate canzoni, che sembravano piacere a qualche umano in ascolto! La conferma di tale fortuna arrivò nel 1998, dopo anni di prove, massacranti tour nelle case di amici, odore di cantine, chitarre prestate , e rientri nel tuo Ufo all’alba: finchè un giorno, vincesti il concorso nazionale “CANTAUTORI 1998″ (organizzato dall’ A.R.C.I.), aggiudicandoti il PRIMO PREMIO ed il PREMIO S.I.A.E. per la migliore canzone in gara: “L’ uomo dei bottoni”. Col tempo, hai imparato gli usi e i costumi degli umani anche ascoltando le opere di alcuni esemplari in possesso di un eccelso impianto cerebrale, come Franco Battiato, Ivano Fossati, Giorgio Gaber, Nick Drake, Lucio Battisti, Jeff Buckley,Vinicio Capossela, Syd Barrett, De André, Paolo Conte, Sergio Endrigo, Chico Buarque e Caetano Veloso.

Spesso sentisti la mancanza del tuo lontanissimo pianeta, al di là della stella polare, e fosti tentato più volte di lasciarti alle spalle le tristi nefandezze di alcuni squallidi esemplari da cui eri attorniato. Ma ormai era diventata una questione di principio! Nel 1999 fosti invitato a Milano, ad esibirti nella serata tributo a Jeff Buckley: lì cantasti insieme ad altri tuoi simili, denominati su questo pianeta “cantautori”: Morgan dei Bluvertigo e Cristina Donà . La tua voce e la tua chitarra acustica “saltellante”, i tuoi testi pungenti, cominciarono a farsi notare anche nel famoso “LOCALE” di vicolo del fico, un contenitore di artisti come Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, Max Gazzè e Tiromancino. Realizzasti una Demo e creasti una Band, che contribuì a dare un tono al tuo assurdo progetto umano-musicale. Infatti, dopo qualche mese, grazie alla fiducia di alcuni umani inteneriti da cotanta tenacia, apristi il concerto di due importanti esemplari di “cantautore italiano”: Niccolò Fabi e in seguito di Max Gazzé

Sempre nel 1998 incontrasti Francesco Migliacci (Assolo), un uomo che si prese la briga di far conoscere nell’ Universo le tue innate doti di entertainer e poeta d’avanguardia. Un anno dopo, le tue canzoni riuscirono perfino a convincere una casa discografica (azienda addetta alla fabbricazione, alla riproduzione e alla vendita di supporti musicali) che sposò la tua causa, e firmasti il tuo primo contratto con l’ etichetta Carosello-records . Nel 2000, dopo mesi di duro lavoro, la Carosello sparò nell’etere radiofonico la prima navicella di tua fattura: “Elettroshock”, la cui scossa si fece sentire passando da tutti i network della piccola penisola italica per oltre un mese.

Nel frattempo, notasti una forte affinità con alcuni esseri umani, chiamati Pier Cortese e Marco Fabi. Con loro decidesti di condividere le gioie e i dolori di una vita “allo sbando”, nonchè numerosi e diversissimi palchi del mondo.

Nel Novembre 2002 fosti inaspettatamente selezionato da un uomo molto importante nell’universo: Pippo Baudo! Quindi, fosti chiamato a far parte di una schiera di 24 artisti partecipanti alla trasmissione televisiva, ” Destinazione Sanremo” con un brano di tua composizione : “Leggere attentamente le istruzioni”.

Nel Settembre 2003 fosti incoronato vincitore del Cilindro D’Argento, premio per cantautori emergenti nell’ambito del Festival crotonese dedicato a Rino Gaetano “Una casa per Rino”. Attualmente con le tue canzoni apri i concerti del tour dei Ciaorino, famosa e seguitissima cover-band del cantautore.

Tra il 2003 e il 2004 uno spirito malvagio-underground di nome Rufus divenne il tuo amico immaginario, creando una forte scissione nella tua personalità artistica e un notevole scompiglio durante le sue apparizioni.
Tutt ‘oggi, i migliori esorcisti, psichiatri e discografici del globo, stanno studiando il modo per espellere l’entità dalla tua vita, senza nessun risultato. Per fortuna.

Il 12 aprile 2005 salisti sul palco del Palalottomatica, durante il concerto di Biagio Antonacci, e cantasti davanti a 10.000 persone.

http://www.cristicchiblog.net

http://www.simonecristicchi.it






sabato 20 novembre 2010

Paolo Conte




Paolo Conte
L'avvocato col vizio del jazz
di Michele Saran

Dallo status di praticante forense a quello di cantautore schietto e distaccato, sempre a contatto con le pulsioni più vive e acuite di un animo nostalgicamente divertito e con una notevole sensibilità di stampo jazzistico e latino-americano, attraverso il suo coerente operato ha costituito una delle esperienze cardinali della canzone italiana. Il recente progetto "Razmataz" ha sancito la supremazia di una figura trasversale sia al cantautorato doc che al compositore tout-court, dotata di una predilezione per le arti visive e le avanguardie del primo '900



Paolo Conte (RCA, 1974) 6,5

Paolo Conte (RCA, 1975) 7

Un gelato al limon (RCA, 1979) 6

Paris Milonga (RCA, 1981) 7

Appunti di viaggio (RCA, 1982) 7,5

Paolo Conte (CGD, 1984) 8

Concerti live (CGD, 1985)

Aguaplano (CGD EastWest, 1987) 6,5

Paolo Conte live (CGD EastWest, 1988)

Parole d'amore scritte a macchina (CGD EastWest, 1990) 7

Stai seria con la faccia ma però (antologia, 1992)

Novecento (CGD EastWest, 1992) 7

Tournée live (CGD EastWest, 1993)

Una faccia in prestito (CGD EastWest, 1995) 6,5

The best of Paolo Conte (CGD EastWest, 1996) 7

Tournée 2 live (CGD EastWest, 1998)

Razmataz (CGD EastWest, 2001) 6

Razmataz Dvd (CGD EastWest, 2001) 8

Reveries (CGD EastWest, 2003) 4

Elegia (Atlantic, 2004) 6,5

Paolo Conte Live Arena di Verona Cd / Dvd (Warner, 2005)

Wonderful (Rca, 2006)

Paolo Conte Plays Jazz (Sony-Bmg, 2008) 4

Psiche (Universal, 2008) 5

Blue Swing - Greatest Hits (Sony-Bmg, 2008)

Nelson (Universal, 2010)
5,5



disco consigliato da Onda Rock


pietra miliare di Onda Rock
Concerto: Paolo Conte






pluslessPaolo Conte è uno dei più originali cantautori italiani, e di sicuro il più erudito e coerente. Il suo stile nasce dall'accordo tra le ninnananne fantasmagoriche di Leonard Cohen, la sensibilità da cantastorie parigino di inizio '900, le big band jazz di Duke Ellington e Bix Beiderbecke, la sensibilità del song jazz-pop di Hoagy Carmichael e della chanson di Jacques Brel. A questo va di certo aggiunto uno stile erudito di costruzione delle liriche, sempre in bilico tra passioni sfrenate, malinconie di memorie passate, spiriti eleganti e forbiti, immagini traslate spontaneamente verso la sinestesia e il simbolismo da belle epoque, dove a tratti si fa largo un ermetismo schivo.

I suoi due strumenti, il pianoforte e la voce (prima ancora che le canzoni vere e proprie) faranno da battistrada a una delle contaminazioni più seducenti di sempre, almeno nei rispetti del panorama del cantautorato italiano, e insieme contribuiranno al non trascurabile merito di aprire le porte alla riscoperta filologica e classica (estranea quindi agli esperimenti del giro Cramps, Perigeo, etc.) della musica jazz in Italia, fino ad allora tenuta a forza nell'oscurità. Il Conte interprete, in ultima analisi, si pone come chanteur decadente, distaccato, obliquo e nobile a un tempo, con un timbro vocale roco e profondo, soavemente sferzante, pungente e anti-retorico.

Paolo Conte nasce nel 1937 ad Asti, da una famiglia di legali. Durante la guerra trascorre molto tempo nella fattoria del nonno, laddove si compie uno dei primi capitoli della sua formazione: il rispetto della diversità delle culture e, allo stesso tempo, del proprio luogo d'origine. Tramite i genitori (appassionati sia di musica colta che di canzoni popolari) apprende i rudimenti del pianoforte, assieme al fratello minore Giorgio, ma la vera passione musicale giunge con l'immediato dopoguerra. L'avvento della stagione del cinema moderno, oltre alle marce delle bande militari americane, ma soprattutto l'ascolto di dischi e di concerti di musicisti americani in tour, generano il primo embrionale amore di Conte per la musica jazz.
Laureatosi in Legge all'Università di Parma, inizia a lavorare come assistente presso lo studio paterno, ma nel frattempo decide di estendere al livello semi-professionale gli studi musicali. Sono quelli gli anni delle sue prime band, i cui nomi tradivano l'euforia per il jazz e lo swing d'oltreoceano: Barrelhouse Jazz Band, Taxi for Five, The Lazy River Band Society. Il più fortunato del lotto, il Paul Conte Quartet (in cui figurava anche il fratello Giorgio alla chitarra, mentre a Paolo spettava il vibrafono), arriva ad incidere un Lp di brani standard jazz per la Rca ("The Italian Way to Swing").

Parallelamente nasce e si sviluppa la passione per la canzone italiana, filtrata sia attraverso le trasmissioni radio che tramite il suo interesse per le tradizioni popolari, in particolare per la canzone napoletana e per la chanson di Brel e Brassens. E' forse grazie a quelle poetiche di narrazione lucida e anti-retorica, a quegli sguardi disincantati e idealizzati su (dis)avventure di alienazione e cinismo, di farsa grottesca ma impietosa sulla società contemporanea, che Conte comincia a scrivere le sue prime canzoni, destinate a interpretazioni di artisti italiani e internazionali, dapprima senza paroliere in coppia col fratello e solo successivamente dedicandosi anche ai testi in coppia con Vito Pallavicini. Nascono così, nella seconda metà dei 60, "Siamo la coppia più bella del mondo" (esordio solista di Conte a tutti gli effetti, su testo di Luciano Beretta e Miki Del Prete, da subito numero uno in classifica) e "Azzurro" per Adriano Celentano, "Insieme a te non ci sto più" per Caterina Caselli, "Tripoli '69", "Genova per noi" e "Onda su onda" per Bruno Lauzi (anche coautore), "Messico e nuvole" per Enzo Jannacci, "Grin grin grin" e "Se (Yes)" per Carmen Villani, insieme ad altre collaborazioni con Patti Pravo, Johnny Hallyday e Shirley Bassey.

Queste prime avvisaglie del suo stile distaccato, riflessivo con arguzia e tagliente ironia, traboccante di immagini dinoccolate, verranno convogliate e esplose nel primo Lp a suo nome, Paolo Conte (Rca, 1974), in cui compare, oltre che come autore di musica e testi, anche come esecutore, interprete e arrangiatore. E' una raccolta ancora incerta e non precisamente a fuoco, quasi un'antologia revisionista delle opere prestate ad altri in precedenza, a suon di "Fisarmonica di Stradella" e orchestrata con una semplicità artigianale che fa emergere solo a tratti il talento più genuino delle opere della maturità. Quest'album è anche il primo episodio di una trilogia dedicata alla transizione da praticante di studio legale a cantautore tout-court. Vi compaiono spettri di una provincia disastrata da una vita assente e annoiata, avvolta da una membrana di ipocrisia latente, da angosce represse e inespresse, ma pure rimpolpata da emozioni intime, infuse da episodi commoventi e raccolti con cura.
In questo suo primo periodo creativo, Conte dà alla luce i primi due episodi della famigerata saga dedicata all'"Uomo del Mocambo", storia del proprietario di un mitico bar-scenario di situazioni decadenti, di curatori fallimentari (aiutato, in questo, da un forbito spirito autobiografico), di incomunicabilità tra conviventi, di tinelli "maròn", di facciate architettoniche (insegne, luci, etc.) assurte a simbolo di un umore generazionale, di caffè sorseggiati, quasi terapeutici nel loro scopo di estraniazione dal contesto di vita quotidiana. "Sono qui con te sempre più solo", "La ricostruzione del Mocambo", e, più avanti, "Gli impermeabili" e "La nostalgia del Mocambo" costituiscono una tetralogia di canzoni che per più di un motivo può essere assunta a metafora dell'opera di Conte, oltre che episodio altamente significativo della canzone italiana in senso lato.

"La ricostruzione del Mocambo" è anche uno dei pezzi forti del suo secondo album, Paolo Conte (Rca, 1975), opera che sancisce il definitivo distacco dalla produzione di canzoni d'interpretazione altrui, per approdare finalmente a una collezione di brani destinati a essere ricordati come suoi primi classici. Proprio il secondo episodio dell"uomo del Mocambo stupisce per la sua ritrovata vena jazzy (fino ad allora tenuta a freno), un fiato dipanato a mo' di Nino Rota e vocalizzi sonnolenti del coro femminile che impostano magnificamente la strofa. "Genova per noi", l'ultima reinterpretazione delle sue canzoni pregresse, diventa una marcetta a bolero impreziosita da capricciose dissertazioni di piano, ma pure con un accompagnamento che si arricchisce via via di preziose sfumature (anche cacofoniche), e "La Topolino amaranto", la primissima canzone scritta da Conte a quattro mani col fratello (e mai rispolverata prima di allora), uno stride à-la Luckey Roberts speziato da una contrastante associazione della fisarmonica a mimare una melodia popolaresca.

In Un Gelato al limon, capitolo conclusivo del primo periodo, è dotato di un autobiografismo già traballante, che spesso abdica in favore di interiezioni a viso aperto, di ritratti maggiormente metaforici, simbolici e impressionisti; arrangiamenti lussureggianti, suono più corposo (vi compare la Pfm), ma quelli che spuntano sono i jive puntuti ("Bartali", inno salace allo sport favorito) e i tango strascicati ("Rebus", "Un gelato al limone"). La risultante è un discutibile compromesso tra la transizione e il consolidamento di uno stile casual, ma con una medietà di fondo che troppo si sforza di non essere qualunquismo.

A questa trilogia di opere ne farà seguito una successiva, caratterizzata dall'apertura stilistica che ne decreterà l'assoluto valore artistico e la riconoscibilità, e dalla volontà di parlare apertamente all'ascoltatore di immagini minute, sensazioni, emozioni, odori, profumi, incontri e scontri di personaggi beffardi o sardonici, ideali mitici e cicli simbolici. L'autobiografismo cede definitivamente il posto all'uomo disincantato e ai suoi enigmi, alle melanconie di una vita ancora in divenire, ai rimpianti e alle rievocazioni. Le istanze stilistiche si ampliano considerevolmente, arrivando a lambire nuclei davvero malleabili di idee efficaci e dall'inesauribile fantasia. Le sue canzoni diventano così vere e proprie occasioni musicali in grado di ospitare danze latino-americane (tango, habanera, fandango, paso doble, jive, cha cha, rumba), piece piano-voce di melanconia struggente (spesso impreziosite con interpretazioni solistiche) e ampie aperture melodiche (viste soprattutto come controparte forte della parte testuale), e di fondere ogni tipo di istanza stilistica in forme inconsuete, eleganti, distaccate ma altrettanto partecipate. Al di sopra di tutto, la propensione alle partite jazz e swing, influenzate da Fats Waller e Duke Ellington, si esprime in tutta la sua eleganza obliqua e distaccata, contribuendo a porre le liriche (pregne di ellissi, giochi di parole, sinestesie) su un piano ancor più alto di schiettezza emotiva anti-magniloquente.

Le nuove conformazioni delle sue band di supporto vanno coerentemente in questa direzione, collocandosi a metà via tra ensemble jazz e big band, e mostrando sempre nuove capacità di invenzione.

Primo frutto di questa "coerente deviazione" contiana è Paris Milonga (Rca, 1981). Così, nell'apertura affidata a "Alle prese con una verde Milonga" (uno dei suoi capolavori), tramite la lentezza sorniona, il declamato melodioso della voce di Conte (notevolmente abbassato di tono rispetto al "Gelato"), il bolero/blues/flamenco portato avanti da fattucchieri armonici, appare chiarissima una volontà di contaminazione sfibrante, obliqua ma perentoria. Lungo tutta l'opera, Conte distribuisce con dosato equilibrio i caratteri portanti del suo repertorio: toccanti ballate piano-voce ("Blue Haway", "Parigi", "Un'altra vita"), sketch swinganti con madrigalismi e contrappunti di chitarre da Carosello ("L'ultima donna"), vaudeville in versi liberi ("Via con me", "Madeleine"), piece da big band con forte apparato improvvisativo ("Boogie"), persino irresistibili neo-standard ("Pretend Pretend Pretend"). E' un album sapientemente jazzy, a dichiarare quasi un'urgenza dopo tante repressioni creative, che forse ha importanza tanto teorica (illustrare le possibilità della forma canzone all'alba del nuovo periodo creativo), quanto pratica: raramente Conte raggiungerà ancora queste vette di godibilità spicciola, e insieme il miglior punto di partenza per un sound filologicamente contiano.

Se Paris Milonga materializza il boom di Conte come personaggio unico nel panorama italico, ma è ancora vagamente stentante sotto il profilo della rifinitura complessiva dell'opera, il successivo Appunti di viaggio (Rca, 1982) procede spedito nella direzione della definizione dell'album come ciclo di canzoni, come totalità inespugnabile. Caso forse unico nel panorama della discografia di Paolo Conte, è un'opera malandrina e sciatta, che canalizza superbe capacità strumentali e poetiche in canovacci vitali di forte suggestione, spesso senza inizio e fine, ma solo dotati di autonomia, di coscienza di essere brandelli scorciati di ironia quotidiana, di particolari di bozzetti magnificati e scardinati dal loro contesto di appartenenza. Già nello splendido incipit di "Fuga all'Inglese", con una sorta di campionamento (quasi anticipatore del lo-fi) di piece Gershwin-iana, emerge l'estetica più pura di Conte: il ritrovamento degli scarti del passato, la loro reintegrazione per farsi veicolo di trasfigurazione temporale e, insieme, di gioia inventiva.
Con "Dancing" ci si catapulta in una rumba scaltra, accompagnata da un piano elettrico e un'orchestrina Memphis-style, e "Lo Zio" è un moto Buscaglionesco che impagina cavalcate di chitarra swing fino alla chiusa maldestra per colpo di piatti, mentre "Diavolo rosso" è uno straordinario foxtrot da camera con palpiti di synth e una sezione ritmica incalzante. "Gioco d'azzardo" e - in misura minore - "La frase" sono accessori di tutto rilievo per l'economia dell'album: di nuovo cicli continui genialmente costruiti quasi ad libitum, con ritmi di balera, synth estatici ma inquieti, e parti improvvisative in pieno stile bop guidate dal sax contralto.
"Hemingway", astro fulgido della sua opera, suo capolavoro melodico, è una codifica del formato canzone organizzata secondo un crescendo corale e emozionale che parte dai languori sottotono di Conte e arriva a una grande apertura strumentale per fiati e tastiere innescata dal solo piano. "Nord" chiude l'album come "Wreck On The Highway" chiudeva lo Springsteen-iano "The River". Un vuoto nostalgico, marcato dai toni di diario confessionale, si fa largo nei versi da filastrocca dolcissima, per poi alzarsi in veduta aerea con un tema melanconico ma pure rasserenato da una jam agrodolce del tutti orchestrale. Conte è qui davvero al suo apice formale e sostanziale, alla piena consapevolezza delle sue potenzialità artistiche (anche in virtù di una sempre maggiore dimestichezza con i generi e i prestiti "esterni"), alla dichiarazione d'intenti che non si limita a un programma pure puntuale sulle manipolazioni della forma canzone, ma che invece sonda con fare arguto zone strumentali e piani narrativi, trasporto emotivo e distacco da narratore votato all'essenzialità disarmante ma altamente evocativa.

Con Paolo Conte (Cgd, 1984), la fusione delle due precedenti istanze creative (quella dei classici di Paris Milonga e quella globale degli Appunti) arriva a perfetto compimento. E', insieme, il suo disco più sofferto e meditato, il suo "Tonight's The Night", il Conte più meditabondo e quasi vittimista, e insieme uno snodo espressivo destinato a imporsi alle nuove generazioni come punto cardinale del nuovo cantautorato a venire. Da una parte ci sono canzoni memorabili come "Gli impermeabili", prosecuzione e apice dello standard melodico contiano, nonché terzo episodio della tetralogia del Mocambo (una sorta di sereno funerale alla sconfitta delle aspirazioni intonato dagli archi aerei), "Come mi vuoi?", serenata anti-romantica per piano e sax, o ancora "Come - di", irresistibile swing alla Calloway. Dall'altra c'è il tema unificante dell'uomo scimmia (nelle comunità nere è il ballerino jazz), dipanato secondo dotte citazioni-metafore di un personaggio ridotto a una sorta di sbando emotivo. Nel mezzo dell'opera viene "Sotto le stelle del jazz", forse il suo capolavoro definitivo, una mistura geniale e poetica di atmosfere intime, confidenziali, liriche ed enigmatiche, dagli accenti gospel, blues, honky tonk e brass band, una raccolta di mottetti mitici (su testo originalissimo e commovente), di immagini notturne create dalla notte stessa, un diario di sospiri blues e di nostalgie trasognate.
Completano il tutto lo strumentale "The Music - All?", sonetto dolente per piano e vibrafono, quasi una sua personale versione dei "Notturni" chopiniani, la ballata di "Chiunque", con un nuovo duetto di piano e sax a spartirsi tristezze accorate e indefinite, secondo una progressione di accordi nobili e taciturni, e la piece avveniristica di "Simpati - Simpatia", con il sequencer in bella vista a donare disegni di raccordo al piano sempre presente.
Apoteosi del Conte cantante, pianista, poeta maudit tutto italiano di un'anima segnata nel profondo da sofferenze minute, è un disco subliminale che si compone di brani felici nelle loro contaminazioni scevre, allampanate. Laddove il jazz serve soprattutto a costruire impalcature emotive, l'autore addomestica strumenti e orchestrazioni secondo un umore trasfigurato a invettiva solenne, preghiera introspettiva. "Come mi vuoi?" avrebbe dovuto far parte di "Occulte persuasioni" di Patty Pravo (Cgd, 1984), ma ne rimase escluso; effettivamente però il cantautore collaborò all'album con lo pseudonimo di "Solingo".

Accolto benevolmente dalla critica, il disco lancia Conte anche nello scenario internazionale. Ne segue un'intensa attività live, che lo vedrà impegnato in Italia come (e forse più) in Francia, quella stessa Francia che gli aveva infuso ispirazione agli inizi della sua carriera. Concerti (Cgd, 1985), contenente registrazioni dal vivo di queste prodezze in forma di canzone, immortala degnamente questo periodo.

Sulla scia del rinnovato interesse nei suoi confronti, Conte pubblica la sua opera più ambiziosa, uno dei rari album doppi della musica italiana, Aguaplano (Cgd, 1986). Si tratta, in realtà, della tipica opera di transizione, in cui l'autore raccoglie i frutti del seminato e, con i medesimi ingredienti, ribadisce la sua estetica e appronta il punto della situazione. Il formato del doppio vinile contribuisce a porre in essere le sue più urgenti volontà, ma neppure Conte riesce a sottrarsi al rischio di enciclopedismo cui spesso ci si imbatte in questi casi. Il rafforzamento dei suoi standard è comunque convincente. Ci sono, ad esempio, le ormai classiche aperture melodiche: la title track, con l'ampio tema boliviano intonato da coro e orchestra, o "Max", altro dei suoi brani forti, un crescendo agogico con motivo bipartito à-la Bolero di Ravel. "Paso Doble" è una gag piano-voce da cabaret jazz, quasi auto-ironica, con brillante alternanza tra strofa incupita e ritornello accelerato con note ribattute in tonalità maggiore, e "Nessuno mi ama" attacca con un tema sensuale di piano, sax e contrabbasso, per poi librarsi in uno swing Ellington-iano con l'introduzione di un coro femminile.
La sortita partenopea di "Spassiunatamente", la cool-song di "Anni", il tempo ternario di "Hesitation", adornato dai madrigalismi impostati dai giochi pianistici della mano sinistra, il divertissment in tempo dispari di "La Negra", il valzer per piano bonaccione da parodia della belle epoque di "Non Sense", la ballata in rima di "Gratis", la danse macabre condotta dallo jambé di "Les Tam-Tam du Paradis", la piece dell'assurdo onomatopeico-poliglotto di "Ratafià", sono tutti episodi di aggiustamento e di sguardo al futuro. Più cartina tornasole, test creativo, che opera profondamente sentita, Aguaplano è il disco delle mezze verità: Conte si sbizzarrisce, ma soprattutto constata; non entusiasma, ma teorizza.

Un altro disco dal vivo, Paolo Conte Live (Cgd, 1988), prova che il periodo è maggiormente incentrato alla ricerca e alla rielaborazione delle proprie tematiche che alla creazione vera e propria.

Con il dittico Parole d'Amore Scritte a Macchina e Novecento, s'inaugura un nuovo periodo di fertilità per il cantautore. Passate le grandi sbornie concertistiche, Conte si dedica maggiormente alla propria personalità più intima, alle emozioni spicciole, soprattutto esternando una volontà che parte dal suo vissuto più profondo. Dopo aver sondato esperienze in forma diretta dal punto di vista della condivisione con una controparte umana ("Lo Zio", "Fuga all'inglese", "Come mi vuoi?") o mitologica ("Alle prese con una verde Milonga", "L'ultima donna", "Sotto le stelle del jazz", "Diavolo rosso"), Conte assesta le sue istanze poetiche su narrazioni e confessioni che partono principalmente dal proprio io sognante, elaborante, inquieto con levità.

Il primo, Parole d'Amore Scritte a Macchina (Cgd, 1990), è l'opera più anomala della sua carriera, che segna un'ulteriore svolta stilistica al limite dello sperimentalismo. E' anche il suo primo album a focalizzarsi sull'atmosfera, mai così scarna, impavida, enigmatica e allo stesso tempo sbilenca e appena sbozzata, e su costruzioni insolite e anacronistiche. L'ouverture, "Dragon", è degna di stare accanto a "Alle prese con una verde Milonga": uno straniante boogie-blues "ferroviario", scandito dal sequencer sovrainciso e da chitarre in trance, con cori e vocalizzi voodoo, fratturato tra gli sbotti del trombone con sordina, le contorsioni del clarino, orpelli arcani di contrabbasso e una tanto breve quanto oscura declamazione di Conte. "Il Maestro" è addirittura un epico inno Verdi-iano intonato da un coro femminile, ripetuto da Conte con la sua solita capacità di variazione obliqua, tributando parte delle sue stesse influenze artistiche. "La canoa di mezzanotte", l'episodio più sperimentale della sua carriera, è un duetto (Sybil Mostert alla seconda voce) basato quasi esclusivamente su synth e sequencer, e "Ma si t'a vo' scurda'" è un'altra piece partenopea.
In "Ho ballato di tutto" un fiero inciso da sonata beethoviana prelude a una sordida esplosione dei pizzicati rutilanti degli archi e alle pennate marziali della chitarra, e intersecazioni astratte di arabeschi orchestrali in dissonanza contrappuntistica. "Un vecchio errore" è un nugolo di sottocodici (classicismo e accompagnamento ballad, confessionalità, rassegnazione e cocciutaggine) che impagina una nuova piece piano-voce (e una delle sue migliori). "Mister Jive", infine, chiama in causa nuovamente il coro per dipingere un nostalgico omaggio a Harry Gibson e al "Cotton Club", tempio storico della musica jive, dotato di crooning decadente e compassionevole tristezza nell'alternanza strofa-chorus. E' un album incantatore, che rifugge ogni programmatica retorica per farsi fatalista fino all'eccesso. La voce di Conte, gigiona, "soul" e impertinente come non mai, fa sfoggio di grammelot, prestiti linguistici, ermetismi e istrionismi. La copertina è stata disegnata da Hugo Pratt.

La seconda parte, Novecento (Cgd, 1992), pur mantenendo costante la vena nostalgica, procede in direzione opposta. Il focus dell'opera è quello della fusione massimalista (orchestrale) di stili e generi musicali tra i più diversi, ma sempre ricondotti nell'umore artistico d'inizio secolo, o del trapasso tra due ere. "Gong-Oh", la più filologica del lotto, è un tributo à-la Art Tatum dedicato a Chick Webb e Sidney Bechet. La title track è un altro sfolgorante preludio, un'apertura sinfonica con trilli Waller-iani del piano, un tema di valzer, e un'atmosfera liberty da fin de siecle, in consonanza con la carovana di cantastorie e saltimbanchi dell'orchestrazione. La nuvola di synth di "Il treno va" e della romanza di "I giardini pensili ha fatto il suo tempo" è l'unico ricordo degli esperimenti di Parole d'amore (in ogni caso qui utilizzato in senso altamente naturalista). "Schiava del Politeama" è un tango sordido nel miglior stile contiano, quasi una sua autoimitazione, ma pure una carezzevole orchestrazione di fisarmonica, concertino di archi e solo di sax.
Il duetto di piano e contrabbasso di "Per quel che vale" è sconsolato e rarefatto fino all'eccesso, ma si risolleva con un bolero decadente, e la tropicalia big band di "La donna della tua vita" è un piccolo carosello degli stili più cari all'autore. "Inno in re bemolle" è un music-hall lento e raffinato, dominato da un sax mesto, e "Una di queste notti" propone un'intro da circo fatato e - poco dopo - un'accelerazione da samba accattivante, mischiata nel modo più naturale a temi e idee melodiche da Caffè Concerto parigino. In "Do do" (cantato da Jino Touche, contrabbassista della band di Conte) sparisce la dimensione baldanzosa che pervade l'album e si fa avanti un'atmosfera sacra e intrigante a tratti, quasi una benedizione finale.
Vedetta e crocevia, corrispettivo delle intuizioni di riedificazione di climi austeri di Adolf Angst, è soprattutto un album contenitore, anche se di charme indiscutibile, che imposta un discorso sfuggevole fatto di canzoni sfuggevoli. Tradizionale solo in senso molto superficiale: il tema anacronistico è un mero pretesto per esplorazioni e traiettorie deviate. Anomale quanto il precedente (e forse più). Novecento è anche l'album che esporterà definitivamente il cantautorato contiano presso quelli che sono normalmente considerati i suoi allievi (Vinicio Capossela, Sergio Cammariere, Ivan Segreto, Carlo Fava, Don Ciccio Philarmonic Orchestra), e porrà le basi per il suo stesso superamento.

Entrambi anacronistici, Parole d'amore e Novecento sono - diversamente da quanto si crede - due album contiani fino al midollo, il suo ying e yang, un'immagine e il suo negativo fotografico. Laddove Parole d'amore è ermetico, strumentalmente eccentrico, taciturno, confessionale e intimista, Novecento è descrittivo, orchestrale, logorroico, espansivo ed esuberante. Con questo dittico, Conte ha finalmente messo a nudo le sue basi emotive (prima ancora che artistiche), e edificato un ciclo di canzoni che va inteso paradossalmente come un tutt'uno inscindibile.

Il music-hall di "Bye, Music", la ballata in francese di "Reveries" e lo strumentale di "Ouverture alla russa" sono i tre inediti di Tournée (Cgd, 1993), primo volume di live registrati tra Amburgo, Parigi, Valencia e Vienna.

Una faccia in prestito (Cgd, 1995) ritorna a un nuovo ripensamento in stile Aguaplano. Come in quel caso, si tratta di un album prolisso e pedante, eclettico e non privo di momenti emozionanti, ma dalla scarsa tenuta globale. Sembra quasi che, in questi casi, Conte dia alla luce quante più idee possibili per mettere alla prova la sua arte e scacciare i fantasmi dell'inaridimento dell'ispirazione. "Don't Throw It In The W.C" è un'impegnativa ciaccona Armstrong-style che può essere assurta a metafora dell'intera opera: tromba con sordina a guidare una lunga introduzione semi-orchestrale, armonie convenzionali ma al contempo molta pregnanza nell'arrangiamento, versi scarni e di secondaria importanza. L'ormai veterano cantautore, in ogni caso, sa ancora splendidamente librarsi in rumbe vertiginose come "Elisir", in can-can baldanzosi come "Sijmadicandhapajiee", in ninna-nanne dolenti come "Le parole tue per me", e in staffette piano-voce come quelle della title track. "Danson metropoli" è un nuovo gioco non-sense swingante vagamente superfluo, e la seguente "Il miglior sorriso della mia faccia" tenta di scimmiottare i suoi passati capolavori melodici.
Sebbene con molti tentativi di riabilitazione alle spalle, quello di Una Faccia In Prestito è un Conte "struccato" che crede più a orchestrazioni scaltre e sonnambule (spesso rette dal solo Max Pitz) che ad associazioni fantasiose. Cominciano a farsi avanti canzoni pedanti che meglio figureranno nei live show del periodo, non a caso i più felici della sua carriera. I sette minuti finali de "L'incantatrice" e la drammaturgia spinta di "Quadrille", con il rodato Touche alla seconda voce, sono le prime avvisaglie del progetto "Razmataz".

The Best Of (Cgd, 1996) è la migliore antologia su Paolo Conte fino ad oggi realizzata. L'edizione del 1998, realizzata per il mercato americano, è prodotta dalla Nonesuch.
Tournée 2 è il sequel del disco di cinque anni prima, e il miglior album live di Paolo Conte (cinque gli inediti: "Swing", "Irresistible", "Nottegiorno", "Roba di Amilcare, "Legendary").

Conte è in ogni caso arrivato ben oltre il suo programma di illustre rivisitazione della canzone italiana, ne ha sfondato diversi limiti attraverso una reinvenzione che parte da presupposti liberi da qualsiasi costrizione di genere, ma pure giocando al rispetto reverenziale delle sue nobili fonti ispiratrici. Questa libertà compositiva non ha mai fruttato espedienti contraddittori o privi di dimensioni creative sterili o senili, ma anzi appare votata alla spontanea continuità lungo direttrici poetiche pregne di fascino, di un'autodescrizione che è apertamente intransigente con il destinatario dell'opera artistica, e in primis con sé stesso, uomo elegante e melanconico sempre in preda a turbamenti soavi di impalpabile profondità. Nelle spavalderie felliniane del secondo disco, così come nei moti perpetui di Appunti di viaggio, o nelle dissertazioni stilistiche di Aguaplano, così come nei vaudeville jazzati di Paris, Milonga, nelle lamentazioni dell'omonimo, così come nelle coloriture orchestrali di Novecento, o negli ermetismi eccentrici di Parole d'amore, emerge una personalità irriducibile, votata a un continuo gioco di sobria rielaborazione e incanalamento rigoroso in termini di rispetto di regole e genuine consuetudini. Questo "doppio registro" è, alla conclusione di questo intenso periodo creativo, una delle più grandi e miracolose lezioni impartite al cantautorato e alla musica italiana in generale.

L'autore, esaurita parzialmente la vena creativa della forma canzone, si dedica alla realizzazione di un'opera che tiene in segreta gestazione fin dai suoi esordi.
Razmataz, il risultato finale di quel lungo processo, è un colossale progetto di operetta multimediale per illustrazioni e colonna musicale, che - da sola - rappresenta una stagione creativa particolarmente cara all'autore. Tale progetto serve a Conte per muoversi su più fronti: anzitutto quello di (ri)scoprirsi compositore in grado di pennellare operette liriche, alle prese tanto con arie quanto con ouverture, intermezzi e grandi parate orchestrali. In seconda analisi, è l'occasione irrinunciabile per poter mettere a nudo, finalmente, la passione innata per la pittura e la storia dell'arte, sia dandone frutto concreto producendo disegni e tavole sia focalizzandosi tematicamente sulle avanguardie artistico-pittoriche del primo '900 (surrealismo e dadaismo su tutti, anche se lo stile pittorico di Conte è più vicino al primo Carlo Carrà). Allo stesso tempo, il tutto serve a Conte per poter sondare, una volta di più, la sua grande capacità di amalgama, tramite il provvidenziale senso di discretezza presente da sempre nelle sue canzoni.
Ne nasce un'opera quantomeno significativa, anche se destinata a essere dimenticata in fretta (non certo a bissare i successi planetari del coevo "Gobbo di Nôtre Dame" di Riccardo Cocciante), realizzata nelle versioni italiana, inglese, francese e spagnola, che sviluppa in un centinaio di tavole (schizzi a carboncino, tempere, disegni, etc.) e in più di due ore di sincronizzazioni audio-video, una trama volutamente imprecisa.

Il pretesto narrativo è quello della ballerina africana di nome Razmataz, della sua rincorsa al successo nella bella e grande Parigi e della sua rapida e misteriosa scomparsa; qui incontri di talent-scout truffaldini, artisti di strada, amici dello spettacolo in pieno successo, e di altre figure mitologiche di oscura decifrazione faranno decollare la storia verso lo status di parata universale nel mondo dell'arte, intesa da Conte come creatività austera e sfuggevole, e verso la profonda riflessione sulle atmosfere di suprema contaminazione culturale degli inizi del '900, tra sperimentazioni pittoriche, jazz degli esordi, cultura africana, classicismo operistico, poetica dei bassifondi della metropoli.
Tecnicamente, la fruizione live dell'opera avviene tramite la visione multipla e sincronica di più proiettori, disposti in più sale secondo un percorso di mostra audiovisiva, e l'ascolto della colonna musicale. Nelle prime rappresentazioni del "Razmataz Tour", avvenute lungo tutto il 2001 a Cannes (prima internazionale in occasione della Mostra del Cinema), Londra, Berlino, e solo successivamente in Italia, lo spettacolo comprendeva una performance live eseguita da una band-orchestra sinfonica, alla stessa stregua di un preludio operistico, di un'introduzione da parte di una voce narrante fuori campo, e dello svolgimento vero e proprio, tramite tendine e transizioni tra opere pittoriche. La componente visiva reagiva in primis con sé stessa, a mimare interazioni dialogiche e parti solistiche, e poi - ancora in modo sincronico - con la colonna musicale (preregistrata) che ne costituiva alternativamente intermezzo strumentale, sottofondo di puro accompagnamento o vero e proprio attore protagonista, quasi a sorpassare la forza visiva dei personaggi inventati e disegnati dall'autore.

I brani vocali prevedono interpreti che spaziano dallo stesso Conte a soprani lirici, chanteuse dal timbro à-la Edith Piaf, crooner Waits-iani, performer afro-americane. Le composizioni - in linea con gli assunti di questo "musical pittorico" - inglobano elementi eterogenei, presi in egual misura dalla tradizione, dall'opera lirica e dal suo stesso repertorio personale.
Progetto fatto di anacronismo e retorica nostalgica, ambizione e ricercatezze da provinciale universalismo, itinerante difformità. Ha il classico gusto surreale dei Magrittiani macigni in aria, talmente innaturali nel loro spontaneo sfasamento temporale, che pure l'attenta osservazione diviene meccanica e certosina insensatezza. E' per questo motivo che il prevedibile flop ne pregiudicherà le sorti. Una sintesi mirata (da respirare profondamente, più che da vedere o sentire) dell'estetica Contiana tout-court. La colonna sonora, edita su Cgd East West nel 2001 e comprendente solo alcune highilight - riarrangiate - delle performance originarie, rende un tiepido merito di gradevolezza. Occasione compositiva tratta dall'omonimo romanzo, di pugno dello stesso Conte.

Reveries (2003) è un'altra commercializzazione pensata per il mercato americano (ma di lì a poco diffuso anche in Europa), contenente l'inedita versione di studio della title track, (fino ad allora conosciuta esclusivamente in veste live), insieme a stanchi rifacimenti di alcuni classici ("Dancing", "Fuga all'Inglese", "Come Mi Vuoi?", "Madeleine") e a brani originali tratti da Novecento e Aguaplano.

A nove anni dall'ultimo disco di canzoni, Conte torna con la sua opera più notturna e disillusa, Elegia (Warner, 2004). La title track attacca con un pianoforte solitario, dalle nobili volute Chopin-iane, "Chissà" è una ballata atmosferica basata su rintocchi gravi del piano e su sobri contrappunti e "Molto Lontano" è una danza ternaria con un cambio di tempo nel chorus che diventa (ri)cambio d'atmosfere. "Non Ridere" (un suo esclusivo e commosso j'accuse), "Sandwich Man" (calypso piano-driven dalle liriche impressionistiche), "Bamboolah" (una piccola valida opera di stilizzazione) e "Il Regno del Tango" (un'emotiva mistura stilistica in tempo di bossa) sono brani con cui il bardo di Asti torna a sfogarsi tramite invenzioni coloristiche rimaste forse adombrate in dischi come il precedente.
Il quarto episodio della saga dell'uomo del Mocambo ("La Nostalgia del Mocambo") è perfettamente integrato nel mood del disco: un'oasi estatica di note accarezzate di piano accostata e contrapposta a un chorus snello, mentre il protagonista mette da parte anche le sue ultime flebili speranze e si abbandona una volta per tutte (ma serenamente) al "tinello maròn" in compagnia dell'immancabile convivente, e sorseggiando l'altrettanto immancabile caffè.
Disco ruvido e privo di effetti retorici che non siano quelli riassuntivi di una poetica, Elegia, seppur con scarsa immediatezza bozzettistica, permette a Conte di muoversi con la bacchetta magica dello switching di umore e di sensazioni interiori, presa in prestito da un viandante sulla via di casa e avvolto dai mille pensieri del rientro. Massiccio impiego di Claudio Chiara (suona flauto, sax alto e tenore e contrabbasso). Primo album del cantautore per la Atlantic.

Dopo 37 anni, Paolo Conte è tornato a scrivere per Adriano Celentano. La canzone, "L'indiano", fa parte della colonna musicale della trasmissione televisiva "Rockpolitik", andata in onda su RaiUno nell'ottobre 2005.

A fine 2005 è stato pubblicato Paolo Conte Live Arena di Verona, doppio album live (corredato da relativo Dvd) contenente l'intera performance del concerto del 26 luglio, forse la più rappresentativa del tour 2005. E' presente un altro inedito, intitolato "Cuanta Pasiòn", che vede la partecipazione del chitarrista Mario Reyes (Gypsy Kings Family) e della cantante iberica Carmen Amor.

Wonderful (Bmg, 2006) è un superfluo box di tre cd a coprire in modo tanto elegante quanto maldestro l'intera produzione di Conte per la Rca (i primi due omonimi, Un gelato al limon, Paris Milonga e Appunti di viaggio).

Nel 2007 la Rai gli commissiona la composizione della sigla per la nuova edizione del Giro d'Italia. Conte risponde con "Velocità silenziosa", la prima rimembranza della bicicletta dai tempi di "Diavolo rosso".

Il 2008 vede il ritorno di Conte su più fronti, a sancire la conferma del nuovo entusiasmo post-"Razmataz"(una delle più importanti opere italiane di tutti i tempi), sia come interprete e performer, che come scrittore di canzoni. Compare Paolo Conte Plays Jazz (Sony, 2008) raccolta di standard swing e riesumazione dei primissimi giorni del giovane Conte improvvisatore (contenente per intero l'Ep "The Italian Way to Swing" del '62). Ultimo ma non ultimo, arriva anche il nuovo contratto discografico con la Universal.

Il primo frutto di questo sodalizio, Psiche (Platinum / Universal, 2008), ripete il gioco di Elegia: speculare sui suoi temi più cari tramite una sordida revisione che suoni come sommatoria delle precedenti opere. Tocchi della vecchia classe sono presenti in "Big Bill" e "Silver Fox", mentre nuovi auto-tributi coinvolgono la brasileira "Danza della vanità", il soul-gospel "Il quadrato e il cerchio", l'omaggio a Capossela di "Ludmilla" la drum machine di "Omicron". Il fastoso uso di synth e il consueto sposalizio di eleganza e quotidianità non nascondono la stanca nostalgia, forse il vero fattore di novità; la sua voce è profonda come mai, ma anche pervasa da una senilità intristente.

Blue Swing - Greatest Hits (Sony, 2008) è l'ennesima raccolta (su doppio Cd), stavolta più essenziale di Wonderful.

Nel giugno 2009 Conte torna, a quasi dieci anni da Razmataz, all'arte multimediale. Stavolta collabora con il giovane videoartista Valerio Berruti (come lui piemontese), in concomitanza della 53ma edizione della Biennale d'Arte di Venezia, nella realizzazione della sonorizzazione de "La figlia di Isacco" - mediometraggio animato esposto presso il Padiglione Italia - una lunga piece per piano, violino e sax.



A soli due anni da Psiche il bardo torna per l'ennesima volta alla carica a suon di vaudeville, onomatopee e prestiti linguistici con Nelson, un disco-stereotipo che però - nel bene e nel male - riesce a suonare contagioso ne “L’orchestrina”, e che - a parte elegie pianistiche, danze afrocubane e nuove imbarazzanti esperienze elettroniche, annovera l'ultimo anello dei suoi gioielli melodici, “Clown”, e specialmente gli esperimenti di collage di voci e percussioni macabre di "Sotto la luna bruna". E' un disco per chi si accontenta, una collezione che nei momenti migliori contrappunta in pompa magna, o si compiace con garbo; il “Novecento” del nuovo corso. Primo albo dalla scomparsa del produttore storico Renzo Fantini (cui è dedicato).


http://www.ondarock.it/italia/paoloconte.htm