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venerdì 18 giugno 2010

SONETTI
VII

IL PROPRIO RITRATTO
Ch'altri che me non ho di cui mi lagne.
PETRARCA


Solcata ho fronte, occhi incavati intenti,
Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto,
Labbro tumido acceso, e tersi denti,
Capo chino, bel collo, e largo petto;

Giuste membra; vestir semplice eletto;
Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti;
Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;

Avverso al mondo, avversi a me gli eventi:
Talor di lingua, e spesso di man prode;
Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
Pronto, iracondo, inquieto, tenace:

Di vizj ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol, mi darà fama e riposo.



http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1800/foscolo/UF_sonetti_proprio_ritratto.htm


La Vita del poeta


La vita di Niccolò Ugo Foscolo (nato a Zante il 6 febbraio 1778, morto a Turnham Green, presso Londra, il 10 settembre 1827) ricca di vicende esteriori e intensa di vita interiore, si presenta a noi non più confinata, come quella degli scrittori precedenti, nel campo della letteratura e del pensiero, ma legata alla realtà dei suo tempo. Il poeta, animato dallo spirito della nuoua età, sente l'imperativo dell'azione e la gioia del creare pur non abbandonando mai il concetto che è tanta parte della sua opera poetica, della vita come dolore; ma le sue malinconie e le sue passioni spesso il classicismo innalza nella sfera di un mondo ideale.
Fin dalla sua dimora veneziana il Foscolo cominciò a sentire quella seduzione dell'amore, che accompagnerà per tutta la vita l'uomo e ispirerà il poeta; ma fu anche attratto presto dalle nuove idee politiche, che le armate di Napoleone diffondevano in Italia. Favorevole dapprima al Bonaparte, egli rappresentò poi, dopo la cessione di Venezia all'Austria col trattato di Campoformio (1797), nella letteratura l'antinapoleonismo (si pensi alla lettera con cui accompagnò la nuova pubblicazione dell'ode A Bonaparte, all'Ortis, ai Sepolcri, all'Aiace), e in Napoleone biasimò soprattutto l'uomo ch'era venuto meno alla grande fiducia che gli Italiani avevano riposto in lui. E se egli acconsentì ad essere suo soldato, ciò si deve al fatto che il Bonaparte aveva scosso gli Italiani dall'inerzia secolare spingendoli all'azione, aveva dato all'Italia coscienza di sé e della sua forza; mentre l'Austria, contro cui egli combatté a Cento, alla Trebbia, a Novi, a Genova (e fu ferito due volte), tendeva ad addormentare e a infiacchire lo spirito italiano.

I primi anni del secolo, come furono i più intensi di vita, furono anche i più fecondi di poesia, perché vedono la luce le Ultime lettere di Jacopo Ortis, le due odi A Luigia Pallavicini e Alla amica risanata, i Sonetti e i Sepolcri; nello stesso tempo, come misura della sua dottrina e del suo amore per la classicità, la versione e il commento della Chioma di Berenice, il carme del greco Callimaco già tradotto in latino da Catullo, la traduzione del Viaggio sentimentale dello Sterne e la Notizia intorno a Didimo Chierico (pseudonimo dello stesso Foscolo).

Ottenuta nel 1808 la cattedra del'eloquenza all'Università di Pavia, egli vi pronuncia la celebre prolusione Dell'origine e uffizio della letteratura, in cui esorta gli italiani allo studio della storia come incitamento alla libertà. Soppressa nel novembre dello stesso anno la cattedra, sorti intorno a lui numerosi e accaniti i nemici (tra cui il Monti), caduta clamorosamente alla Scala la tragedia Aiace (1811), il Foscolo è costretto ad allontanarsi da Milano e, dopo aver toccato varie città, dimora per un certo tempo nella villa di Bellosguardo sui colli fiorentini, dove lavora al carme, già iniziato, Le Grazie. Caduto Napoleone, scrive l'Indirizzo alle Potenze per la costituzione del regno d'Italia. Ritornati gli Austriaci, gli viene offerta la direzione di un giornale; dopo breve incertezza, egli fugge in Svizzera, scrivendo alla madre: - "L'onor mio e la mia coscienza mi vietano di dare un giuramento che il presente governo comanda... Tradirei la nobiltà, incontaminata fino ad ora del mio carattere, col giurare cosa che non potrei attenere, e col vendermi a qualunque governo". Con la sua partenza egli, scrisse Carlo Cattaneo, dava - all'Italia una nuova istituzione: l'esilio -.

Dalla Svizzera passa nel 1816 in Inghilterra, dove ad un periodo di benessere e di fama succede uno di miseria e di dolore. Importanti di questo tempo sono gli studi di critica letteraria, specialnwnte su Petrarca e su Dante.

Morì prostrato dalla miseria e dai malanni di una precoce vecchiaia. Nel 1871 i suoi resti furono traslati dal cimitero di Chiswick nella chiesa francescana di Santa Croce, in Firenze, celebrata nei Sepolcri come il sacrario delle nostre memorie.

La sua vita, lasciando da parte i numerosi ma umani disordini, fu quella di un educatore. Pur restando egli sempre un pessimista, la sua anima, nata ad altamente e nobilmente sentire, afferma la necessità degli ideali - siano pure illusioni - della bellezza, della virtù, dell'amicizía, della patria, dell'umanità e la fede nella poesia. - Donde la sua vita di cittadino, di soldato, di artista, di dotto, di amico e d'innamorato: una vita della quale egli sentì sempre e affermò con orgoglio l'elevatezza e la dignità e l'intima bontà, e che come tale fu risentita da tutta la gioventù d'Italia nel Periodo del Risorgimento... E non era ateo, e tra gli errori e le dure prove lo sorreggeva (come scrisse) la sua propria coscienza e Iddio, così scrive -il Croce in Poesia e non poesia. Più dell'Alfieri, egli impresse un forte impulso al sentimento nazionale: voleva, come poi il Mazzini, Vltalia - indipendente e una -, e i mezzi per la futura redenzione dovevano essere eroici: combattere la corruzione, la disunione, le sette; migliorare ì costumi, perché Vunità doveva essere prima morale che politica; possedere armi proprie, sol- dati cittadini (evidente in)lusso dei Machiavelli) e guar- dare al Piemonte che unico aveva tradizioni militari ed esercito proprio. Con i suoi scritti politici e soprattutto con la sua poesa egli influì grandemente sulle nuove generazioni. Ma il Foscolo fu soprattutto poeta di versi perfetti ed eterni. Se i Versi giovanili e dell'adolescenza sono di gusto ancora arcadico e metastasiano, o s'allineano in tono ma- nierato e poco sentito al nuovo senso dell'orrido e del melanconico divenuto di moda, e se la produzione sati- rica e polemica è spesso oscura, di tono poeticamente scarso, si viene nondimeno scoprendo a poco a poco la materia più vitale del futuro poetare foscoliano, capace di trasformare ogni avvenimento della realtà e ogni atteggiamento della coscienza e del sentimento in forme di poesia compiuta. Questa è costituita da pochi sonetti, dalle due odi succitate, da un paio di brevi componimenti (tra cui è l'Inno alla nave dello Muse), dai Sepolcri e dalle Grazie.

I motivi fondamentali, la Morte e la Bellezza, l'Eroismo e l'Arte, che ora distinti ora congiunti spirano nelle varie poesie, trovano la loro sintesi più alta nei Sepolcri: in codesto carme la pietà umana e il dolore patrio, il culto delle tombe e la celebrazione dell'eroismo si accentrano e si fondono nel grande mito ideale dell'immortalità delle memorie umane ad opera della poesia. Per tale significato supremo il carme, mentre reagisce all'ateismo settecentesco e segna l'inizio della nostra letteratura patriottica, rappresenta del poeta stesso la sua più intensa biografta spirituale, la sintesi non solo della sua fantasia, ma della sua stessa coscienza. E lo stile, salvo qualche minimo residuo intellettualistico, è altamente efficace passando dal commosso al robusto, dal discorsivo al lirico, dal drammatico al satirico, in una varietà melodica di pause e d'accenti che conferisce un'alta armoniosa eleganza all'endecasillabo sciolto, derivato dall'armonioso studio soprattutto del Parini e clell'Alfieri. In questa "integralità del sentire", come la deffinì il Croce, rientra anche il carme delle Grazie, dove la luminosità delle scene, l'armonia pittrice, la rara squisitezza formale, il verso sciolto miracolo di melodia e di pittura non sono disgiunti dall'umano dolore e dall'umana pietà; anzi, - tutta l'umanità si sente in ogni punto, anche dove pare che domini l'incanto della bellezza e della voluttà.

http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1800/foscolo/UF_vita.htm



SONETTI
I


ALLA SERA
Forse perché della fatal quiete
Tu sei l'immago a me sì cara vieni
0 sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;
E mentre lo guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.


http://www.la-poesia.it/italiani/fine-1800/foscolo/UF_sonetti_alla_sera.htm

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